Marò, la mezza retromarcia degli indiani

Da un lato un gesto distintivo, dall'altro un ceffone: Latorre e Girone saranno processati per terrorismo

I due marò italiani prigionieri in India dal febbraio 2012
I due marò italiani prigionieri in India dal febbraio 2012

Una mezza retromarcia. Alla fine il ministero degli Interni indiano ha rinunciato a invocare la pena di morte per i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Mezza marcia indietro, però, come dicevamo. Sui nostri militari, infatti, peserà comunque un’accusa che sarà formulata in base alla legge anti pirateria (Sua Act) per permettere alla polizia antiterrorismo, la Nia, di essere parte attiva nel processo. Il motivo? Solo la Nia può indagare su reati commessi fuori dai confini nazionali, come quelli terroristici, visto che l’incidente è avvenuto ben lontano dalle acque territoriali indiane. Un escamotage per non affossare un caso, le cui basi giuridiche vacillano da due anni. Inutile ricordare ancora tutte le violazioni del diritto e delle convenzioni internazionali commesse dall’India, che umiliando il nostro Paese tiene ancora prigionieri due militari impegnati in una missione internazionale.

La rinuncia a chiedere la pena di morte per i marò ci fa tirare un sospiro di sollievo, ma non c’è ancora nulla per cui gioire. Siamo troppo pessimisti? No, guardiamo solo ai fatti e constatiamo che l’India con una mano fa un gesto distensivo, con l’altra invece ci dà un nuovo ceffone: Latorre e Girone saranno processati per terrorismo. Sì, trattati proprio alla stregua di kamikaze o di killer senza scrupoli. E il ministero degli Interni di Delhi non lo nasconde. Secondo l’agenzia di stampa indiana Pti, c’è l’intenzione di usare per i marò lo stesso trattamento riservato per il boss mafioso indiano Abu Salem, coinvolto nelle stragi terroristiche di Mumbai del 1993, in cui furono uccise 257 persone. Salem fu arrestato in Portogallo e fu estradato in India nel 2005 con l’impegno che non sarebbe stata applicata la pena di morte.

E questa dovrebbe essere una soluzione soddisfacente per l’Italia e per i nostri marò? Assolutamente no.

E ci auguriamo che lunedì mattina, quando la corte suprema indiana deciderà come procedere contro i nostri fucilieri, non ci sia qualcuno in Italia che esulti. Legittimerebbe le prepotenze indiane e le violazioni del diritto, ma soprattutto gioirebbe per una possibile condanna all’ergastolo di due militari italiani che hanno compiuto soltanto il loro dovere.

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