Parigi - È psicodramma nella destra francese. Con Nicolas Sarkozy quasi certamente indagato - deve rendere conto sulla presunta circonvenzione d'incapace a danno di Liliane Bettencourt, l'ereditiera milionaria che avrebbe finanziato in nero la campagna per l'Eliseo 2007 - e il partito neogollista, che ammette il sostanziale flop delle primarie per eleggere il leader. Così, dopo una giornata in cui perfino il mite Alain Juppé lanciava ultimatum per salvare il salvabile, la destra cerca di uscire dall'impasse. Con un direttorio provvisorio.
Prende tempo, il partito. Smontato come un lego e in preda a una crisi di nervi, si dà 15 giorni di tempo per riflettere. Soprattutto, per ricontare le schede moltiplicatesi come funghi da domenica scorsa fino a ieri.
Il voto per la scelta del nuovo «capo», se non falsato, è stato certamente imperfetto. La commissione elettorale interna che ha supervisionato gli scrutini delle primarie ha annunciato il vincitore soltanto lunedì sera: Jean-François Copé, segretario generale uscente. Subito, l'avversario interno a Copé, François Fillon, si è rifiutato di riconoscere la sconfitta, parlando di conti che non tornavano. Si era perfino detto vincitore la sera prima, anticipando il parere ufficiale della commissione che l'ha invece smentito, generando accuse reciproche. Ma ieri la commissione è tornata di nuovo sui suoi passi: «Non abbiamo considerato tre circoscrizioni e ciò, verosimilmente, potrebbe ribaltare il risultato». A favore di Fillon.
Un caos a cui ieri ha cercato di porre rimedio il terzo uomo, quello d'esperienza e pure proveniente da un'altra epoca: quella di Chirac. L'ex ministro degli Esteri Alain Juppé è intervenuto via comunicato per far ragionare i due litiganti attorno alla necessità di creare una direzione collegiale, spiegando che lui sarebbe stato disponibile a presiederla, a patto che né Fillon né Copé vi fossero iscritti. L'ex premier ha accettato immediatamente, seguìto molto dopo da Copé. D'altronde, con il team Copé che sbandierava ancora ieri in tv i dati raccolti come prove, parlando senza mezzi termini di «truffa», il segretario generale Ump non poteva fare altrimenti. Quantomeno, per non mettersi contro una base di 300 mila e più votanti che, stufi della querelle fra i due, cominciano pure a sentirsi presi in giro dal partito.
Quindici giorni per ricontare e verificare tutte le schede, dunque. E anche per ritrovare il senso di quella parola che 48 ore di caos hanno spazzato via: rassembler, riunirsi. Ora tocca a Juppé far credere che c'è ancora una speranza di risollevarsi, che in fondo non tutto è perduto nonostante la brutta figura. Invece l'Ump è sempre più divisa, e deve pure fare i conti con l'uomo che la base acclama da mesi: Nicolas Sarkozy, per l'intera giornata di ieri davanti ai giudici di Bordeaux. Le rivelazioni dell'ex contabile di Liliane Bettencourt, parlano di finanziamento illecito per la sua vecchia campagna elettorale. Sarkò non è sotto inchiesta, ma è «testimone informato sui fatti» (tecnicamente «testimone assistito»). Dunque, per ora, rimane un incognita il suo futuro politico e personale. Ed è un messaggio che da Parigi rimbalza a Roma, diretto al partito gemello che pure cerca un nuovo leader dopo Berlusconi.
Per il Pdl, mettersi a fare la conta per le primarie in campagna elettorale, senza regole chiare, e col rischio che si trasformino in una bufera tra lotte interne che fanno solo perdere consensi, potrebbe dare la mazzata finale a un cartello già alle prese con problemi di identità.twitter F_D_Remigis
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