La diplomazia internazionale è impegnata a Montreux, in Svizzera, nella conferenza di pace "Ginevra 2". Si discute sui destini della Siria. E si cerca di trovare qualche soluzione che ponga fine alla guerra civile e tenga in piedi lo Stato siriano, per quanto possibile. L'impresa non è delle più facili. In un lunghissimo intervento il capo della diplomazia di Damasco, Walid al-Muallim, punta il dito sui ribelli: "Se si vuole parlare a nome del popolo siriano, non bisognerebbe essere dei traditori, agenti al soldo dei nemici del popolo siriano". E sottolinea che combattenti di 83 diverse nazionalità sono coinvolti nel conflitto. Poi ribadisce quanto più volte dichiarato da Assad: "La Siria farà tutto il necessario per difendersi". A un certo punto, visto che il suo intervento sembrava non finire mai, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon ricorda a Muallim che il suo tempo a disposizione è terminato. Il ministro degli Esteri siriano replica a muso duro: "Devo finire il mio discorso. Lei ha parlato per 25 minuti", sottolineando che il suo intervento è il più importante ad un forum sul futuro del suo Paese. Passano altri dieci minuti e Ban interviene nuovamente. Muallim insiste: "Finisco solo l’ultima frase". Il numero uno dell’Onu gli permette di andare avanti, ma lo prega di mantenere la promessa. "La Siria mantiene sempre le sue promesse", replica Muallem.
Ban Ki-moon però non gradisce affatto la battuta e appena Muallem finisce il suo discorso (35 minuti in tutto), gli ricorda che il suo intervento ha rotto l’atmosfera "costruttiva" che aveva invocato aprendo la conferenza: "Spero che questo non si ripeta", gli dice Ban mentre dà la parola a Ahmad Jarba, capo della Coalizione nazionale siriana, principale blocco dell’opposizione. Quest'ultimo parte subito all'attacco: "Le immagini di torture non hanno precedenti, se non nei campi nazisti, durante la Seconda guerra mondiale", e ha accusato il regime di "crimini contro l’umanità".
Per il segretario generale della Lega araba, Nabil al Arabi, è necessario creare "un governo transitorio siriano" che comprenda regime e opposizione. "La Lega araba - sottolinea - è stata la prima a chiedere una soluzione politica e ad avanzare proposte per la crisi siriana", aggiungendo però che "la soluzione politica deve venire dal popolo". Per arrivare a questo è necessario "fermare subito le ostilità, creando dei corridoi umanitari per portare aiuti alla popolazione siriana. Trovare una soluzione politica e l’avvio di un governo transitorio per una nuova Siria è la chiave per raggiungere la stabilità".
Il segretario di Stato americano, John Kerry, sottolinea che Assad non farà parte del governo di transizione siriano. Oltre ad affermare che i negoziati di pace per la Siria devono portare alle dimissioni del presidente, Kerry precisa che il più grande ostacolo per la pace è il fatto che "un uomo ed una famiglia si aggrappano al potere". Kerry accusa infine Assad di avere trasformato la Siria "in una calamita per i terroristi" di tutto il mondo. E per bocca del portavoce del dipartimento di Stato, Jen Psaki, gli Usa criticano l’intervento del ministro degli Esteri siriano: "Invece di offrire una visione costruttiva per una futura Siria diversa rispettosa dei diritti, il regime ha scelto una retorica incendiaria".
Per la Russia i negoziati non saranno né semplici, né rapidi. Ne è convinto il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, che intervenendo alla riunione di Montreux denuncia quelle "numerose forze che a parole l’hanno appoggiata, ma che nei fatti non vogliono abbia successo". Il capo della diplomazia di Mosca tuttavia esprime fiducia per il risultato finale. "La conferenza, se non una riuscita garantita al 100 per cento, fornisce un’opportunità comunque realistica di porre fine a un conflitto
così tragico, e di conseguire la pace in Siria. La Russia è pronta a tale compito". Lavrov sollecita le forze di opposizione a entrare attivamente in un dialogo nazionale. Quanto all’Iran, storico alleato di Assad il cui invito a presenziare alla conferenza è stato successivamente revocato, per Lavrov deve invece coinvolto nell’iniziativa.
L'Italia, attraverso il ministro degli Esteri Emma Bonino, è dell'avviso che "la nascita di un governo transitorio con pieni poteri, formato con accordo consensuale, sarà la base del nostro sforzo e la chiave del successo". E insiste: nei negoziati "le parti siriane devono essere sostenute da tutti, anche da chi non è presente oggi. Dobbiamo riuscire a coinvolgere tutti gli attori" che hanno un ruolo per la Siria. La Bonino ha però sottolineato che "l’unica via di uscita è l’applicazione del comunicato di Ginevra 1", che Teheran non ha voluto riconoscere, facendo ritirare il suo invito alla conferenza in corso oggi a Montreux. Poi sottolinea: "Sono qui per lavorare per pause umanitarie da mettere in pratica subito, consentendo alle agenzie umanitarie di consegnare gli aiuti in ogni parte della Siria". Il ministro italiano prova anche a spiegare il no di Teheran: "Non è un mistero che in Iran, a livello interno ci siano forze reazionarie conservatrici: una miscela esplosiva che ha fatto sì che Zarif non potesse dichiarare pubblicamente di accettare il comunicato finale di Ginevra uno". Al ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Zarif, "si chiedeva un’adesione esplicita, ma lui anche per questioni interne non è stato in grado di farlo". La titolare della Farnesina si è però augurato che l’Iran possa superare gli ostacoli "già dai prossimi giorni".
Appello di Papa Francesco affinché la Conferenza sulla Siria e i successivi negoziati a Ginevra non risparmino "alcuno sforzo per giungere con urgenza alla cessazione della violenza e alla fine del conflitto che ha già causato troppe sofferenze". Il Papa auspica un "cammino di riconciliazione" per la Siria. "Auspico - sottolinea Bergoglio - alla cara nazione siriana un cammino deciso di riconciliazione, di concordia e di ricostruzione con al partecipazione di tutti i cittadini, dove ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere ed abbracciare".
Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, afferma che l’unica soluzione per porre fine al dramma in Siria è politica e non militare.
"C’è voluto un anno e mezzo per tenere la conferenza, questo dimostra che è molto difficile" raggiungere un compromesso sulla questione siriana. "Non nascondo le difficoltà, ma non c’è altra soluzione che il dibattito politico".
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.