Per l'amministrazione Obama lo scandalo datagate rischia di essere il grimaldello in grado di scardinare la porta dietro cui si celano una serie di atteggiamenti quantomeno dubbi. Dopo le rivelazioni rese da Edward Snowden, che hanno messo in imbarazzo Washington, raccontando al mondo di prism e del controllo che gli Stati Uniti esercitano sui dati che vengono messi online, il New York Times prova oggi a portare alla ribalta un'altra situazione simile e altrettanto insidiosa.
In un articolo pubblicato oggi, il quotidiano americano denuncia come sempre più spesso le forze dell'ordine locali stiano seguendo un iter in precedenza riservato a FBI e ai laboratori che compiono analisi collegate ai delitti, ammassando campioni di dna prelevati nel corso delle indagini, con o senza il consenso delle persone arrestate.
Nel solo database della polizia newyorchese, denuncia l'inchiesta del Times, attualmente si trovano i profili di 11mila sospetti, mentre 90mila sono conservati negli offici del procuratore distrettuale dell'Orange County californiana. Diverse le motivazioni, dalla lentezza del sistema federale di schedatura fino all'assenza negli elenchi di criminali di basso livello, con cui spesso le forze dell'ordine locali si trovano ad avere a che fare.
Se la pratica suscita perplessità in diverse associazioni, che si battono contro la schedatura di migliaia di campioni di dna, dall'altra parte le forze dell'ordine rispondono con i risultati ottenuti grazie ai database, che hanno permesso di identificare in molti casi i colpevoli di crimini che altrimenti probabilmente non sarebbero stati assicurati
alla giustizia. A suscitare ulteriore perplessità la legge di alcuni stati, che consente alla polizia di prendere campioni non solo dei sospettati, ma anche - spiega il Times - dei proprietari di una casa rapinata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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