Viaggio a Ramsey, la roccaforte di Farage "Da qui parte la rivoluzione contro la Ue"

Siamo stati nell'Huttingtonshire, il fortino dello UK Independence Party, il movimento euroscettico in testa ai sondaggi inglesi

Viaggio a Ramsey, la roccaforte di Farage "Da qui parte la rivoluzione contro la Ue"

nostro inviato a Ramsey

Tra uno scroscio di pioggia primaverile e uno scampolo di tiepido sole, Peter sistema meticolosamente la sacca da golf sul retro del cart. Mentre controlla che non manchino ferri e legni prima di affrontare la prima buca, scuote la testa non appena sente parlare di Europa. Non si definisce euroscettico, ma lascia volentieri la parola al fratello Richard che a Ramsey, roccaforte dello UK Independence Party, commercia prodotti agricoli. "Un parlamento di non eletti viene a dirci cosa dobbiamo fare e come dobbiamo vivere - si scalda subito - io ho solo un governo a cui obbedire, ed è quello inglese".

Lungo tutta l'autostrada che dall'aeroporto di Luton porta nell'Huttingtonshire, terra verde e rigogliosa a poche miglia dall'Università di Cambridge, la campagna elettorale dello UK Independence Party si fa sentire martellante. Sono pressoché gli unici ad aver tappezzato la A1 di manifesti elettorali. "Vogliamo indietro la nostra nazione", tuonano esibendo, con orgoglio, lo stemma della sterlina su uno sfondo viola carico. Londra è lontana, tutt'altro mondo rispetto ai paesini che nel Cambridgeshire si susseguono addormentati su colline umide e silenziose. E, se nella City multietnica e liberale l'Ukip punta a sfondare la soglia del 20%, è in queste terre fiaccate dalla crisi e imbrigliate da "assurde leggi imposte da Bruxelles" che il partito di Farage conta di fare il botto.

Ramsey è la chiave di volta del nazionalismo british, il punto di partenza per preparare gli inglesi a svoltare completamente a destra superando addirittura quei conservatori che nel 1990 lo stesso Farage abbandonò quando la Gran Bretagna aderì all'European Exchange Rate Mechanism, quel sistema che Norman Tebbit (fedelissimo di Margaret Thatcher) aveva profeticamente definito "meccanismo di eterna recessione".

Ramsey corre lungo due grandi arterie, la High Street e la Great Whyte, dove tra ristoranti invitanti, pub che al mattino sanno ancora dell'odore acre della birra e villette a schiera si snoda la vita di un paesino laborioso ed estremamente efficiente. È nel centro di Ramsey che incontro Lisa Duffy e Peter Reeve, consiglieri per l'Huttingdonshire e anime dei pionieri che hanno messo la prima bandiera dell'Ukip su un consiglio comunale. Adesso, di bandiere, ce n'è a decine, una dopo l'altra, esposte con orgoglio dai cittadini. Nel 2012 la Duffy ha incassato il 61%, l'anno scorso Reeve l'ha superata totalizzando il 67%. E quest'anno puntano a sfondare il 70%. "Non abbiamo doni, non abbiamo segreti - spiega Reeve - pensiamo local e governiamo local. Quello che succede a Westminster è alle tanto quanto quello che succede a Bruxelles". Ed è proprio con questo spirito che l'Ukip è riuscito a sconfiggere l'astensionismo. Secondo un sondaggio interno al partito, il 25% dei propri elettori sono persone che non hanno mai votato o che non andavano alle urne da almeno vent'anni.

In giro per il paese non si trova un solo cittadino in grado di criticare l'amministrazione locale. "L'Ukip fa il pieno di voti perché fa, non promette e basta come tutti gli altri partiti", spiega Michael Johnson, commerciante di mobili. Misure semplici come le luminarie di Natale per incrementare lo shopping durante le feste e i pattugliamenti della polizia, ogni venerdì sera, all'uscita dei pub. Oppure l'impegno sociale a cui i consiglieri dell'Ukip si dedicano quotidianamente. Reeve, per esempio, pulisce due volte al giorno i bagni pubblici e una volta alla settimana si dedica al cimitero che sorge accanto alla Abbey Gateshouse. Alle europee, gli stessi elettori che vedono in gente come la Duffy e Reeve "politici seri e concreti", daranno il proprio voto a Farage per "le sue parole decise contro l'immigrazione di massa" dall'Europa dell'est. Polacchi, soprattutto. Ma anche bulgari, lituani, lettoni e romeni. "Non siamo affatto razzisti", si affretta a spiegare la Duffy. Per gli appartenenti all'Ukip i media inglesi hanno coniato l'aggettivo EU-racism (razzisti contro gli europei). "Ma lo sapete che se qualcuno ha militato in un qualsiasi partito di estrema destra non può entrare nell'Ukip? - spiega la Duffy citando a memoria le regole del partito - chiediamo soltanto maggiori controlli alle frontiere e politiche migratorie più serrate".

Proprio per questo anche la base non vuole sentirne di scendere ad alleanze con il Front National di Marine Le Pen. "È per colpa del suo passato...", la butta lì la Duffy. Che non mostra particolare interesse nemmeno per l'euroscettico Beppe Grillo. "Me ne ha parlato un amico...", si limita a dire facendo spallucce. Il refrain d'altra parte è sempre lo stesso.

"Possiamo anche rimanere nell'Unione europea - spiega Michael Two, proprietario del negozio PcOk - ma noi rimarremo sempre britannici". Stop. "Presto faremo un referendum per chiedere a cittadini se vogliono stare nell'Ue o se sono disposti a rompere le catene di Bruxelles - conclude la Duffy - la rivoluzione è all'inizio".

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