Direttiva casa green, il ruolo dell'Italia nella partita europea

La coerenza del governo, i timori di molti progressisti, il dialogo con la Germania: sulla casa green l'Italia di Giorgia Meloni può essere la mediatrice di un compromesso che rompa la frattura odierna

Direttiva casa green, il ruolo dell'Italia nella partita europea

La Sinistra europea ha spinto, compattandosi, sull'approvazione della direttiva sulla casa "green" che rischia di cagionare gravi problemi industriali a Paesi come l'Italia su cui graverebbe la quota maggiore di interventi necessari con il nuovo sistema. Ma per il governo Meloni il voto non rappresenta necessariamente una sconfitta: la palla passa ora al Consiglio Europeo ed è in questa sede che bisognerà giocare con astuzia su più tavoli per controbilanciare l'autogol ecologista della Commissione Europea.

Missione impossibile? Tutt'altro. Per una delle strane alchimie che caratterizzano la politica, la posizione dei gruppi parlamentari in Europa non corrisponde necessariamente a quella dei governi nazionali. E forte della coerenza tra Bruxelles e Roma, con i partiti contrari sia in Europa che in Italia alla riforma, la maggioranza ha un terreno solido su cui lavorare. E può ricomporre un'Europa spezzata e che sulla casa rischia di dividersi ulteriormente.

Le posizioni in Europa

In un contesto che vede l'intera destra pressoché contraria e leader schierati al centro come il francese Emmanuel Macron, chiamati a un ruolo di sintesi, nessun premier di centro-sinistra potrà fare le barricate per non spaccare platealmente i Ventisette. Anzi, la finlandese Sanna Marin e lo spagnolo Pedro Sanchez, entrambi socialdemocratici, sono tra i leader comunitari schierati per un annacquamento delle regole. In entrambi i casi, il timore dei capi di governo è legato alla prossimità di un ciclo elettorale a cui non vogliono arrivare con misure che potrebbero danneggiare i rispettivi cittadini.

Sul tavolo: ambiente, transizione energetica e politiche green

E anzi, i recenti dissidi tra Ursula von der Leyen e Charles Michel, presidente del Consiglio Europeo, mostrano che in quest'ultima istituzione, più che a Palazzo Berlaymont, risieda il pragmatismo necessario a rompere le impasse su ambiente, transizione energetica e politiche green che rischiano di allontanare l'Ue dai cittadini e dagli Stati.

L'Italia potrà far valere le sue richieste proprio in sede di negoziazione a livello di Stati. Non sono pochi i Paesi che hanno prospettato la necessità di abbassare il tiro alla direttiva sulla casa. La stessa Francia di Macron mantiene diverse perplessità, mentre in un'inusuale alleanza tra falchi e colombe l'Olanda targata Mark Rutte appare la più vicina all'Italia di Giorgia Meloni nel contrastare pressoché in toto la direttiva odierna. In quest'ottica è bene pensare alle priorità che mosse politiche del genere devono movimentare per risultare efficaci.

Oltre 9 milioni gli edifici da efficentare

Le proposte di riforme che da tempo i partiti della maggioranza hanno portato all'incasso al Parlamento Europeo o avanzato come proposte per emendare la direttiva hanno lavorato molto sull'ampliamento del perimetro di estensioni in capo agli Stati per edifici storici o immobili facenti riferimento a proprietari dal reddito basso. Contando che in Italia, stima l'Ance, oltre 9 su 12,2 milioni di edifici residenziali sono stati costruiti prima dell’entrata in vigore della normativa sul risparmio energetico, tale priorità è pacifica per evitare che la spesa in Italia si trasformi in un salasso e che si scateni una corsa inflazionistica alla ristrutturazione.

Obiettivo: migliore definizione degli standard ambientali

Un secondo tema fondamentale su cui è possibile fare leva è quello della migliore definizione degli standard ambientali. Ad oggi la direttiva fissa solo il 15% più basso di ogni patrimonio immobiliare come appartenente alla categoria G e ne prevede l'innalzamento fino ai livelli E e D. Andrebbero definiti standard oggettivi su categorie di immobili su cui si può concentrare il risparmio tramite gli interventi di efficientamento energetico per ottimizzare spese e interventi, oltre che eventuali sussidi pubblici.

Un terzo fronte è quello del deficit che tale manovra di ristrutturazione potrebbe causare qualora a essere chiamati in causa siano fondi pubblici a sussidio di interventi di riqualificazione o dell'efficientamento di strutture pubbliche.

Prossimo appuntamento: Consiglio Europeo di aprile

Al Consiglio Europeo di aprile Roma può, partendo da questi punti, creare un dibattito che unisca governi di destra, di centro e progressisti moderati. L'obiettivo deve essere la riapertura del tavolo e la ricomposizione della frattura aperta all'Europarlamento. In quest'ottica, in nome dell'industria un partner fondamentale di dialogo deve essere la Germania, Paese che ha al potere i Verdi sostenitori dell'iniziativa ma il cui premier Olaf Scholz è più moderato sulle questioni riguardanti lo sviluppo del Paese. Meloni e Scholz possono, assieme a Macron, trovare un'intesa più pragmatica da proporre all'Europa.

E aprire un tavolo di confronto per prepararsi a un'altra grande battaglia tra ideologia e pragmatismo ambientale: quella per rivedere, nel 2026, le prescrizioni sull'auto elettrica obbligatoria entro il 2035. Su cui Italia e Germania, a prescindere da chi governerà, sono interessate a dialogare attivamente.

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