"Discriminano". La Ue attacca il reddito di cittadinanza e l'assegno unico

L'Unione Europea critica reddito di cittadinanza e assegno unico aprendo contro le due misure approvate, rispettivamente, dal governo Conte I e dal governo Draghi, delle procedure di infrazione

"Discriminano". La Ue attacca il reddito di cittadinanza e l'assegno unico

L'Unione Europea critica reddito di cittadinanza e assegno unico aprendo contro le due misure approvate, rispettivamente, dal governo Conte I e dal governo Draghi, delle procedure di infrazione. Diverse ma convergenti nell'indicare il requisito di residenza come discriminatorio in forma sostanziale.

E se nel caso del reddito di cittadinanza parliamo di una misura in scadenza, per l'assegno unico invece la critica rischia di modificare la procedura di ampliamento in via di discussione nel governo Meloni.

La critica al reddito di cittadinanza

Il reddito di cittadinanza va verso il suo esaurimento, ma la sua storia continua a essere travagliata. La misura di sostegno introdotta dal governo M5S-Lega nel 2018 e che sarà abrogata dal 2024 è infatti sotto osservazione dell'Unione Europea che ha aperto una procedura di infrazione contro l'Italia per presunte discriminazioni al suo interno.

Il reddito di cittadinanza, rileva la Commissione Europea, prevede dei benefici che sono subordinati per gli stranieri al requisito della residenza in Italia da dieci anni. Ai sensi del Regolamento 2011/492 e della Direttiva 2004/38/CE questi fatti rappresenterebbero delle violazioni del diritto comunitario.

Tali benefici, per l'Ue, dovrebbero essere estesi a cittadini comunitari che non lavorano per altri motivi, con la sola condizione che risiedano legalmente in Italia da più di tre mesi, e soggiornanti di lungo periodo al di fuori dell'Ue per confromarsi alle normative sul lavoro e il welfare plasmate dalle direttive comunitarie.

L'Ue parla di "discriminazione indiretta" per il requisito della residenza decennale nel Paese. La misura non è in linea con il diritto Ue in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini, residenti e protezione internazionale a detto di Palazzo Berlaymont. A avviso della Commissione il reddito "dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell'Ue che sono lavoratori subordinati, autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente dalla loro storia di residenza". In quest'ottica "il requisito della residenza potrebbe impedire agli italiani di trasferirsi per lavoro fuori dal Paese, in quanto non avrebbero diritto al reddito minimo al rientro in Italia".

La questione tocca anche il diritto internazionale umanitario, dato che i beneficiari di protezione internazionale non possono ottenere il reddito di cittadinanza. E questo rappresenterebbe una scelta in violazione della direttiva 2011/95/UE. Chiaramente il requisito di residenza è comune a molte misure di welfare legate alla flessibilità nel mercato del lavoro (flexicurity) come i pacchietti Hartz IV in Germania, Paese in cui, ai sensi dei provvedimenti del 15 settembre 2015, i cittadini dell’Unione Europea non possono più accedere al sussidio sociale se in Germania non hanno lavorato o hanno lavorato solo per un breve periodo.

La procedura contro l'assegno unico

In parallelo Palazzo Berlaymont ha iniziato una procedura d'infrazione diretta a Roma per una seconda misura, l'assegno unico. Ritenuta potenzialmente discriminatoria.

Nel marzo 2022 l'Italia ha introdotto dopo la manovra del governo Draghi una forma di assegno familiare rivolto alle famgilie per contribuire il mantenimento dei figli a carico: secondo la norma possono beneficiare di questo assegno solo le persone che risiedono da almeno due anni in Italia, e solo se risiedono nello stesso nucleo famigliare dei loro figli.

Da marzo a dicembre, nota la Gazzetta del Sud, "sono stati erogati complessivamente alle famiglie assegni per 12,9 miliardi di euro. La spesa relativa ai nuclei non percettori di reddito di cittadinanza risulta pari a 12,3 miliardi di euro, in riferimento a una platea di circa 5,7 milioni di richiedenti e 9,1 milioni di figli beneficiari di almeno una mensilità; gli importi medi mensili sono risultati pari a 233 euro per richiedente e a 146 euro per figlio".

La Commissione europea ha assieme alla manovra sul reddito di cittadinanza avviato contro l'Italia una procedura d'infrazione inviando una lettera di messa in mora a Roma. In questo caso la critica all'Italia riguarda il mancato rispetto delle norme dell'Unione Europea in materia di coordinamento della sicurezza sociale, che viene invocato in relazione alla presunta violazione del Regolamento 2004/883, e sulla libera circolazione delle lavoratori che fanno riferimento all'Articolo 45 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea e al già citato Regolamento 2011/492 invocato anche contro il reddito di cittadinanza.

La Commissione ha avviato la procedura di messa in mora dell'Italia e l'infrazione ricordando che "questa legislazione viola il diritto dell'Ue in quanto non tratta i cittadini dell'Ue allo stesso modo, il che si qualifica come discriminazione. Inoltre, il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale vieta qualsiasi requisito di residenza per ricevere prestazioni di sicurezza sociale come gli assegni familiari", si legge in una nota di Palazzo Berlaymont.

Cosa può fare l'Italia su reddito di cittadinanza e assegno unico

L'Italia ha sessanta giorni per rispondere di queste presunte violazioni, dopo le quali l'Ue potrà inviare una richiesta formale di conformarsi al diritto dell'Unione, un cosiddetto parere motivato. Questo varrà sia per il reddito di cittadinanza che per l'assegno unico, almeno formalmente.

La procedura dunque inizierà a prendere piede a partire dalla primavera inoltrata, se non dell'estate. Ma a prescindere da tutto a quel tempo il reddito di cittadinanza sarà già verso il suo esaurimento. Anche se la critica Ue mostra tutte le problematiche e le fragilità politiche per cui si è deciso di chiudere, nel dicembre scorso, con la Legge di Bilancio 2023 l'esperienza di una misura perennemente evolutasi come una perenne incompiuta.

Diversa la questione dell'Assegno Unico. Sul tema si è espressa in una nota Simona Baldassarre, europarlamentare della Lega, responsabile dipartimento Famiglia della Lega:“Sulla procedura d'infrazione aperta dalla Commissione europea in merito all'assegno unico, i cui parametri d'attribuzione sarebbero discriminatori dei principi di libera circolazione dei lavoratori, va detto che i criteri vigenti si devono a gestioni precedenti, mentre l'attuale esecutivo ha ampiamente ribadito l'intenzione di rafforzare ed estendere la misura, per contrastare la crisi demografica che attanaglia il nostro Paese. Il centrodestra ha più volte sottolineato come famiglia e natalità siano centrali nel programma di governo".

Baldassare si riferisce all'iniziativa in materia del governo Meloni. Giusto nella giornata del 14 febbraio il Ministro della Famiglia Eugenia Roccella ha proposto l'allargamento e una spinta all'universalizzazione in audizione davanti alla plenaria delle Commissioni Affari costituzionali, Lavoro e Affari sociali della Camera sulle linee programmatiche del suo dicastero. "L'assegno unico è stato un primo passo importante, perché ha stabilizzato i fondi per la famiglia sul lungo periodo, cominciando a rendere certa la base su cui le coppie possono attuare un progetto genitoriale.", ha detto Roccella.

Nell'arco della legislatura, ha aggiunto l'esponente di Fratelli d'Italia, "vogliamo implementarlo, modificando i criteri dell'Isee e/o aggiungendo risorse, a partire intanto da quelle derivate dai risparmi derivati dai fondi destinati allo stesso assegno unico e non utilizzati, che devono essere

reinvestiti allo stesso scopo". Una manovra che ora deve fare i conti con la richiesta di modifica della Commissione Europea. Sicuramente destinata a pesare nell'elaborazione politica di Roccella e del suo ministero

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