È stato un vertice caotico quello di ieri e oggi a Bruxelles, dove si sono riuniti i capi di Stato e di governo dell'Unione europea per il Consiglio europeo. Dopo la giornata tribolata di giovedì, terminata senza un accordo sulle conclusioni riguardanti i migranti, in quella di oggi non è bastato il tentativo di mediazione con gli Stati membri più refrattari. I 27 avevano bisogno dell'unanimità per proclamare il raggiungimento di un'intesa. Invece, il muro alzato da Ungheria e Polonia è stato invalicabile: il premier ungherese Viktor Orbán ha parlato di "guerra sull'immigrazione" in corso nella capitale belga, mentre il suo omologo polacco Matheusz Morawiecki ha ribadito la contrarietà del suo Paese al meccanismo di solidarietà, rilanciando così l'idea di un referendum che permetta ai cittadini di esprimersi sulla ricollocazione dei migranti.
Il Consiglio è ricorso così a una soluzione tappabuchi: l'approvazione delle conclusioni della presidenza. "Dal consiglio di febbraio sono stati fatti molti progressi sulla migrazione grazie all'interazione tra Commissione, Consiglio e presidenza di turno: Polonia e Ungheria a causa del Patto sulla migrazione, sia in merito al contenuto che al metodo in cui si è arrivati all'approvazione, hanno preferito non approvare le conclusioni", è il commento del presidente del Consiglio europeo Charles Michel. L'Unione ha adottato l'unica opzione possibile di fronte all'inflessibilità dei due alleati del gruppo di Visegrád, con i quali anche il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni avrebbe cercato, secondo fonti europee direttamente su mandato di Michel, di mediare per far rientrare la crisi.
"L'Italia ha avuto un ruolo da protagonista. Non sono mai insoddisfatta da chi difende i propri confini nazionali", ha detto il Premier, convinta che sull'emergenza migratoria, descritta come un problema strutturale che non si può risolvere scaricandolo sul vicino, "la svolta totale è sulla dimensione esterna, non interna". La leader di Fratelli d'Italia ha poi spiegato quello che è accaduto con Budapest e Varsavia: "Con Polonia e Ungheria ho un ottimo rapporto, ho tentato una mediazione e fino all'ultimo continuiamo a lavorarci. Sarò a Varsavia mercoledì, è un lavoro da continuare a fare. La questione che loro pongono non è peregrina, sono le due nazioni che in Ue si stanno più occupando dei profughi ucraini, lo fanno con risorse". "La mediazione più facile di tutte è affrontare i movimenti primari perché altrimenti è impossibile affrontare i secondari. Il patto sulla migrazione non esce ammaccato, il tema non si riapre. Il patto non viene ridiscusso, è un patto che migliora le regole ma non risolve il tema", ha concluso Meloni. Il Patto su migrazione e asilo concordato l'8 giugno scorso durante la riunione nel Consiglio dei ministri dell'Ue a Lussemburgo non è in discussione, ha assicurato il Presidente del Consiglio.
Il patto sui migranti tuttavia è soltanto rimandato. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha rappresentato oltre alla sua anche la posizione del presidente francese Macron (alle prese con le proteste che stanno sconvolgendo la Francia), ha infatti dichiarato ai giornalisti in conferenza stampa che le trattative arenatesi ieri andranno riprese e concluse prima delle elezioni europee in programma a giugno dell'anno prossimo. Sono state comunque ore proficue di lavoro quelle odierne, in particolare per quanto riguarda la discussione strategica sulle relazioni economiche e commerciali tra Ue e Cina.
Con Pechino, Bruxelles manterrà rapporti "equilibrati" e "reciprocamente vantaggiosi", impegnandosi a ridurre la dipendenza nelle sue catene di approvvigionamento. Unanimità anche sull'escalation in Kosovo e sul partenariato con la Tunisia, definito da Giorgia Meloni un "modello per il Nord Africa".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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