Sindrome italiana Bruxelles

Una contraddizione, un paradosso politico si affaccia all'indomani delle elezioni europee

Sindrome italiana Bruxelles
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E anche in Europa è arrivata la sindrome italiana. Così almeno possiamo definire quella paradossale situazione politica per la quale dal 2011, e per più di dieci anni, a governare sono stati tecnici e politici di sinistra che non erano stati scelti dagli elettori. È quello che in buona sostanza potrebbe avvenire nelle prossime settimane a Bruxelles se si dovesse far finta che il voto delle ultime europee si possa considerare ininfluente per la governance del continente. Non è un mistero che i due leader più importanti dell'Europa e cioè il francese Macron e il tedesco Scholz siano stati abbondantemente battuti dagli avversari politici. In Spagna i socialisti di Sánchez hanno perso il primato a favore dei popolari. In Olanda i liberali si devono accordare con la destra per poter governare. In Austria c'è stato un exploit dei partiti fuori dal loro arco costituzionale, se così vogliamo dire. Ma quel che conta è che l'unico grande Paese che è rimasto stabile è quello che due anni fa ha anticipato il vento europeo e ha visto nascere un governo di destra-centro. Indipendentemente dal giudizio che si voglia dare alla vicenda europea non si può far finta che non sia cambiato nulla nell'opinione pubblica continentale. Non si può non credere che l'Europa negli ultimi 10 anni è cresciuta della metà rispetto a quanto hanno fatto gli Stati Uniti. Non si può ritenere che approvare l'ideologico regolamento sulla rinaturazione, come è avvenuto esattamente due giorni fa, sia compatibile con i nuovi umori europei. È appunto la sindrome italiana. L'idea di poter governare nonostante la volontà degli elettori. Noi ci siamo già passati e sappiamo bene quali sono le conseguenze devastanti non solo per gli elettori che non si sentono rappresentati dalla loro classe politica, ma paradossalmente anche per le sinistre che come principi senza terra non capiscono che la loro fine elettorale, cosi facendo, è destinata a diventare clamorosa. Forse soltanto Antonio Tajani, l'anima più moderata del governo italiano e uomo forte del Partito popolare europeo, ha compreso questa contraddizione delle cancellerie brussellesi.

È difficile uscire dall'impasse della cena dei perdenti che si è tenuta due sere fa per trovare un accordo sui cosiddetti «top jobs» europei, ma è certo che far finta di nulla, ignorare il voto dei cittadini, renderebbe l'Europa ancora meno competitiva di quanto lo sia stata negli ultimi due lustri.

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