Expo, allarme piccole imprese: «Sei mesi persi sulle poltrone»

(...) Neppure se cominciassimo da oggi a lavorare giorno e notte riusciremmo, noi, piccole e medie aziende, a far spendere tutti questi soldi. Ma è chiaro, anzi, direi che è naturale, che ci aspettiamo una ricaduta sulle imprese lombarde. Noi chiediamo che i grandi committenti, i general contractor, quelli che di solito si spartiscono le torte, non si rivolgano poi a imprese tunisine, marocchine, albanesi o giapponesi. Finora l’unico che ha speso parole in tal senso è stato Calderoli. Noi chiediamo che con Expo si esca dal solito sistema. Ma non è solo una questione di soldi. Molte aziende ci chiedono che Expo sia per loro una vetrina per esporre i nostri prodotti. Le faccio un esempio; l’Università di Milano ha sfornato 64 progetti tecnologici; sono stati venduti quasi tutti a compagnie giapponesi perché in Italia non c’è una vetrina, è difficile farli conoscere».
Avete paura che l’Expo si trasformi in un flop?
«Assolutamente no, io ci credo, noi piccole e medie imprese ci crediamo; siamo stati e siamo a fianco della Moratti e di Formigoni. Eravamo e siamo convinti che l’Expo sia un’occasione irripetibile per un rilancio dell’economia non solo milanese e lombarda ma italiana. A meno che non si trasformi in un business riservato ai soliti noti che poi sono quelli che buttandosi sulla finanza più che sull’industria manifatturiera hanno impedito la nascita di multinazionali italiane. Molti dei guai della nostra economia nascono da qui».
È quello che dice Tremonti in un’intervista pubblicata ieri sul Corriere della sera: «La ricchezza non si produce a mezzo debito; la ricchezza si produce a mezzo lavoro... sarà il ritorno della manifattura». Solo così, per il ministro dell’Economia si può uscire dall’attuale congiuntura.
«Magnifico, mi fa piacere che Tremonti dica queste cose; ma le parole non bastano, bisogna passare ai fatti; occorre mettere in atto politiche che favoriscano l’industria manifatturiera. Guardi, uno che capisce perfettamente i nostri problemi è Berlusconi, lui ci è vicino ma lui da solo non può occuparsi di tutto, sono i suoi uomini che devono fare. E soprattutto che devono decidere; non è più il momento delle chiacchiere. Adesso ci vogliono decisioni, scelte. In campo economico se non si decide si fallisce. Spesso ce la prendiamo con la burocrazia ma le regole alla burocrazia le danno i politici. Le faccio un esempio; in una mia azienda con 110 dipendenti sono costretto a lavorare con i generatori perché l’Enel per non so quale regola o legge non può ancora darmi la corrente, ma le sembra logico? E poi parlano di possibilità di far nascere un’azienda in un giorno! Noi piccole e medie imprese abbiamo dovuto sopportare l’urto della globalizzazione, abbiamo tirato su le maniche e siamo andati avanti; che altro dobbiamo fare? Noi al governo non chiediamo soldi ma solo di poter lavorare, come fanno in Francia e in Germania; per farlo abbiamo bisogno di regole, regole che devono essere varate non solo per Confindustria ma per tutti; noi non ci siamo mai seduti ai tavoli per le regole e sono almeno 20 anni che non si fa una politica economica finalizzata su di noi, eppure siamo anche noi a tenere in piedi l’economia italiana».
Presidente lei dice che bisogna decidere. Lo ha detto anche alla Moratti?
«Ho detto alla Moratti di aiutarmi a portare piccole e medie imprese al tavolo dove si stabiliranno le regole, al di fuori di spartizioni politiche e di poltrone. Lei lo farebbe anche ma non dipende solo da lei. E torniamo così alle difficoltà di prendere decisioni perché prima bisogna difendere privilegi e posizioni acquisite. E lo stato di incertezza nel quale siamo costretti a lavorare crea paura e la paura blocca.

Quando ci credeva, l’Italia andava avanti, ora è tutto un freno che ti porta a non essere tempestivo e competitivo. Noi abbiamo bisogno di avere la politica al nostro fianco, non contro, questa è la sensazione. Tremonti crede all’industria manifatturiera? Ce lo dimostri. Non chiediamo di meglio».

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