La Fabi boccia il piano Unicredit. Sileoni: «Basta tagli»

Il sindacalista: «Tutti i costi del piano scaricati sul personale, nessun accenno a riduzione delle consulenze e degli stipendi al management»

La Fabi giudica negativamente il piano strategico 2011-2015 di Unicredit visto che «scarica sul personale l'intera riduzione dei costi prevista dal piano strategico». Lo ha detto il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni. «Vale la pena ricordare che dalla fusione con Capitalia del 2005 a oggi il gruppo Unicredit, e altri gruppi bancari italiani, sono stati e sono un continuo cantiere aperto, all'interno del quale non si intravede mai la parola fine», ha proseguito. «Dalla fusione con Capitalia, nel 2005, sono oltre 15mila i lavoratori fuoriusciti da Unicredit e dal 2010 al 2015 saranno 7.500 i lavoratori che, nelle intenzioni dell'azienda, dovrebbero lasciare».
«Nel piano strategico non c'è nessun accenno a una politica di riduzione delle consulenze e degli stipendi del top management. Inoltre, UniCredit prevede di esternalizzare altre attività in un momento in cui stiamo discutendo di rinnovo del contratto nazionale di lavoro. Rimane sconcertante, poi, che gli esuberi vadano a toccare soltanto il perimetro italiano e che non ci sia un minimo accenno nel piano strategico di nuove assunzioni di personale».

«Il fatto poi che l'amministratore delegato, Federico Ghizzoni, sostenga di rinunciare al proprio bonus - conclude il sindacalista - rimane un'iniziativa personale che non testimonia una vera politica di riduzione dei compensi dei manager, a nostro parere indispensabile per dare un vero segnale di cambiamento. Ci siederemo al tavolo delle trattative con la ferma volontà di far rispettare le nostre posizioni».

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