Fabri Fibra, la rivelazione Il suo rap primo in classifica

Il cd Tradimento sorpassa anche i Red Hot Chili Peppers. «La mia è autoanalisi in musica»

Paolo Giordano

da Milano

Allora diciamolo subito: Fabri Fibra è probabilmente il miglior rapper della nuova generazione, quella che ormai fugge gli insulti gratis o le noiose faide tribali che per dieci anni hanno impestato l’hip hop americano (e pure italiano). Lui dice: «Sono una persona liberata all’improvviso. Per me è scioccante capire di essere stato capito, in realtà pensavo di non esistere. All’inizio i discografici mi dicevano: belli i testi, ma la musica no». Ieri, dopo una sola settimana di pubblicazione, il nuovo ciddì di Fabri Fibra, Tradimento (ed. Universal), è esploso in classifica senza che (quasi) nessuno se lo aspettasse. In testa c’erano i Red Hot Chili Peppers, che in questo momento sono il gruppo più venduto del mondo. E poi Carmen Consoli. E invece eccolo: numero uno. Merito anche del singolo Applausi per Fibra, che da settimane martella radio e canali musicali con un refrain pronto a diventare una delle sigle dell’estate. Ma merito soprattutto di un clamoroso seguito «underground» che da anni accompagna Fabri Fibra - marchigiano quasi trentenne, al secolo Fabrizio Tarducci - e ha applaudito i suoi precedenti due album (Turbe giovanili e Mr. Simpatia) all’ombra della grande informazione. D’altronde il rap fa così, come negli anni Ottanta capitava all’heavy metal: riesce a creare consensi enormi e sotterranei che poi esplodono a sorpresa consolidandosi in classifica (se digitate Google, saltano fuori migliaia di pagine dedicate a lui). «Mio padre vendeva pantaloni e per un po’ ho lavorato anch’io in quel settore. Ma dopo un po’ il mercato è crollato» ricorda. Poi è crollato anche lui, iniziando così, tra depressioni e psicanalisi, a traghettarsi verso quello che è oggi: un cronista del rap che mescola aggressività verbale a capacità di far ritratti precisi e taglienti della realtà.
E così, da Pacciani alla De Filippi, dai delitti passionali alla guerra in Irak, in Tradimento saltano fuori quasi tutte le pagine della nostra attualità. Uno sfogo neorealista. Un reportage in rima. «Non sono un predicatore, la mia è una sorta di autoanalisi che mi aiuta a guardare la vita. D’altronde i ragazzi oggi vogliono sentirsi dire qualcosa in più, sono stanchi delle solite nenie». Difatti l’altro giorno, in Prato della Valle a Padova, quando i veejay di Mtv lo hanno annunciato tra gli ospiti di Trl, i ragazzi sono esplosi come di fronte a una star.

«Il mio è un rap minimale» ha spiegato qualche giorno fa a Milano in una trattoria del centro. E lì, a tavola, ha rivelato anche di aver contattato Loredana Bertè per duettare con lei nella versione de La luna bussò «ma lei non ha accettato». Meglio così, in fondo.

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