Il numero di miliardari cinesi presenti nella classifica degli uomini più ricchi del mondo stilata ogni anno dalla rivista Forbes è raddoppiato rispetto all'anno scorso: nella classifica di quest'anno infatti i «paperoni» cinesi sono 115. La notizia è rimbalzata sui «micro-blog» di Internet, il sostituto locale dei siti web di comunicazione sociale come Facebook e Twitter, che sono bloccati dalla censura. E i commenti a caldo degli internauti sono pieni di stupore: «Ammiro gli imprenditori che si sono fatti da soli ma odio i ricchi che sfruttano le risorse sociali e usano i soldi per comprarsi posizioni di potere», scrive uno; un altro avanza dubbi sull'attendibilità di queste classifiche, basandosi sul fatto che i cinesi sono in genere estremamente riluttanti a parlare della loro situazione finanziaria e sulla grande diffusione della corruzione: «Se neanche i tribunali riescono a trovare le proprietà dei funzionari corrotti - si chiede l'anonimo internauta - come fanno queste classifiche ad essere accurate?». «Noi non odiamo i ricchi, se hanno ottenuto la loro ricchezza in modo onesto - ha scritto un terzo - ma condanniamo con forza i corrotti e gli approfittatori».
I casi a cui si riferiscono gli internauti non sono rari in Cina, dove le storie di ricchezze ottenute a tempo record sono frequenti come quelle delle improvvise cadute in disgrazia dei «nuovi capitalisti». L'anno scorso uno dei più noti «uomini che si sono fatti da soli» del Paese, il fondatore della Gome (elettrodomestici) Huang Guangyu è stato condannato a 14 anni di prigione per corruzione e per operazioni scorrette in Borsa.
Huang è stato dal 2005 al 2008 al primo posto dei super ricchi cinesi stilata dal sito web Hurun. In gennaio il costruttore di Shanghai Zhou Zhengyu (11esimo nella classifica di Forbes del 2002) è stato condannato a 16 anni. Al «re delle orchidee» Yang Bin, secondo nella classifica di Hurun del 2002, sono stati comminati 18 anni di prigione per corruzione ed evasione fiscale, mentre al finanziere Zhou Yiming è andata ancora peggio: per aver falsificato i conti delle sue aziende per ottenere prestiti dalle banche nel 2006 è stato condannato all'ergastolo.
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