Roma - Dove’era il padre? La domanda ricorre davanti a episodi amari che coinvolgono giovani. La mancanza del padre si cominciò a sentire pesantemente con la contestazione. Mentre essa sfociava in terrorismo, non era a colpi di pistola, ma di voti in Parlamento, che finiva la tutela giuridica della famiglia. I liberi consumi del dopoguerra l’avevano compromessa; i liberi costumi del dopo-boom l’avevano dissolta. Le conseguenze si sanno, e non solo in Italia. Negli Stati Uniti, fin dall’epoca di Clinton, il cinema torna sulla dissoluzione delle famiglie come per sopperirvi. Parla delle conseguenze, ma senza ben sapere che cosa proporre come rimedio, salvo l’iniziativa dei singoli. Con poche eccezioni, il cinema italiano degli ultimi quarant’anni ha dimenticato la famiglia: oggi evoca di solito padri disastrosi, madri inacidite, rispetto ai quali i figli minorenni brillano per maturità. Ma qualche segno di resipiscenza appare anche da noi, come il secondo Fiuggi Family Festival (25 luglio-2 agosto). Certo, era meglio chiamarlo Festival della famiglia di Fiuggi, ma pazienza: l’idea è comunque interessante. Ne parliamo col presidente della giuria, il regista Alessandro D’Alatri, che nel 2002 fece uscire con successo Casomai, che non si occupava solo della coppia, ma anche della famiglia.
Signor D’Alatri, la famiglia...
«... È sola contro tutti. Nessuno l’aiuta, specie se non è una famiglia agiata. In Casomai denunciavo il vuoto legislativo nei suoi confronti».
Se le famiglie stanno male, quelli che la perdono stanno peggio.
«Il sistema legislativo e amministrativo - con detrazioni fiscali, con vantaggi nell’iscrizione dei figli all’asilo, ecc. - incoraggia a separarsi. Un paradosso».
Una separazione raramente è pacifica.
«Infatti i padri separati sono spesso alla disperazione per il distacco dai figli. Chi ha detto che i figli sono solo delle madri?».
Leggi votate anche da padri convinti che non sarebbe mai toccato a loro vedersele applicate.
«Certo, ci saranno stati e ci saranno anche padri mascalzoni, ma non si fa d’ogni erba un fascio. E poi i bambini diventano spesso fonte di rivalsa in queste tristi situazioni. Oggi farsi una famiglia che regga è forse la cosa più difficile».
Il mondo dello spettacolo, nel suo privato, non è dei più esemplari sotto questo aspetto.
«Ma è anche questione di ciò che fa notizia. Cruise e la Kidman che si sposano hanno meno attenzione che Cruise e la Kidman che si separano».
A certi giornalisti piace guardare dal buco della serratura.
«Come piace a certo pubblico. Ma sono la maggioranza? E, anche lo fossero, perché ciò deve contaminare quasi tutti i giornali?».
Restiamo ai film. Clint Eastwood in «Gran Torino» interpreta una sorta di padre adottivo con l’età di un nonno.
«I nonni, altra perdita... Io sono cresciuto con loro più che coi genitori. Si stava tutti insieme, in un patto sociale mutuo. La vita s’è allungata, ma i nonni hanno un ruolo minore rispetto a quand’ero bambino. Quanto al cinema, Magnolia di P.T. Anderson e, prima, La famiglia di Scola, dimostrano che il cinema non è insensibile al tema».
La famiglia nucleare (padre, madre, figli) ha soppiantato quella patriarcale, che includeva anche nonni e bisnonni, se longevi.
«L’Italia è passata troppo in fretta dalla civiltà contadina a quella consumista. È stato un vero dramma. I nonni hanno avuto meno interesse per i nipoti, forse perché anche loro volevano finalmente divertirsi».
La mostra sugli anni Cinquanta di Milano: i giovani non ci andavano - si è visto dai sondaggi -, giudicandola epoca di miseria. Invece era la rinascita.
«Una generazione che si vergogna del nonno contadino non ha futuro.
Le diranno...
«... Mi diranno che sono un conservatore: pensa che m’importi?».
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