Anemia e trombosi venose nel sonno, i pericoli dell'emoglobinuria parossistica notturna

Ecco quali sono i sintomi a cui fare attenzione e le terapie per contrastare la terribile malattia

Anemia e trombosi venose nel sonno, i pericoli dell'emoglobinuria parossistica notturna
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Si tratta di una patologia subdola ed estremamente pericolosa con la quale è molto difficile convivere, che comporta la riduzione dell'emoglobina oltre che pericolosi episodi di trombosi venose: si tratta dell'emoglobinuria parossistica notturna, nota anche con l'acronimo Epn.

Tutto si origina dall'attacco che una parte del nostro sistema immunitario ("sistema del complemento") attacca gli eritrociti causando un'emolisi: ovviamente si tratta di un errore delle nostre difese, dato che il "sistema del complemento" in genere ci protegge dalle infezioni. L'emolisi causata dal fuoco amico si produce a livello intravascolare ed extravascolare, per cui tanto all'interno quanto all'esterno dei vasi sanguigni, specie nella milza e nel fegato. A rendere ancora più preoccupante la situazione c'è il fatto che le crisi emolitiche si verificano soprattutto durante le ore del sonno.

L'Epn comporta inevitabilmente una forma di anemia dovuta alla riduzione dell'emoglobina, proteina che trasporta l'ossigeno nel nostro corpo ed è contenuta nei globuli rossi eliminati dal sistema immunitario in tilt, e frequenti episodi di trombosi venose talvolta molto acuti: il paziente soffre di dolori all'addome, al torace e all'altezza dei lombi, e lamenta spesso stanchezza, sensazione di fiato corto ed emicranie

Secondo i dati in possesso degli esperti, a subire le conseguenze dell'emoglobinuria parossistica notturna sono tra i 10 e i 20 pazienti per milione al mondo: in Italia per ora sono noti mille casi. Non si sa ancora tanto di questa terribile patologia, ma è stata ormai esclusa da tempo l'ipotesi che si tratti di una malattia ereditaria o trasmissibile: la mutazione genetica che la scatena si sviluppa dopo la nascita. Anche se ci sono pazienti di ogni età, l'Epn colpisce soprattutto persone di età compresa tra 30 e 40 anni. Come spesso accade la diagnosi non avviene in modo precoce, e studiando i suoi sintomi la si ottiene mediamente dopo 2 anni. La grave anemia da essa causata costringe il 20%-30% dei pazienti a effettuare frequenti trasfusioni di sangue. Per quanto concerne le cure, al momento, esse si concentrano sul sistema del complemento, principale responsabile della strage di eritrociti.

Il complemento"è composto da proteine che circolano nel sangue e che si attivano 'a cascata' in caso di necessità", spiega a Il Corriere la responsabile dell’Unità di Fisiopatologia delle anemie alla Fondazione Irccs Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano Wilma Barcellini, "l'ultima parte del sistema 'a cascata' si chiama azione litica e consiste in un intervento di distruzione delle cellule". Tutto perfetto finché il bersaglio è giusto, ma nel caso dell'emoglobinuria parossistica notturna le vittime sono i "globuli rossi Epn" i quali, per via di una mutazione genetica ad ora inspiegabile, non riescono a difendersi dall'azione litica.

A portare la sua testimonianza è David Lubrano, tra gli autori televisivi di "Striscia La Notizia", che sviluppò la patologia nel 1992 quando ancora non era nota e dovette attendere fino al 1988 per ottenere una diagnosi:"Nel mio caso la malattia è comparsa con un'aplasia midollare, ovvero l'incapacità del midollo osseo a produrre un numero sufficiente di cellule del sangue, globuli rossi, globuli bianchi e piastrine", spiega Lubrano. Per quanto riguarda i primi sintomi, invece, l'autore televisivo riferisce di intensi dolori addominali notturni e del colore scuro delle urine al mattino per via dell'emolisi:"Inoltre avevo spesso dei lividi, causati dalla piastrinopenia, e la mia pelle aveva un colore giallastro".

Sintomi a volte equivocabili con quelli generati da altre patologie."Spesso i pazienti arrivano in ospedale con la pelle giallastra e si pensa a un problema del fegato, mentre l’eccesso di bilirubina in circolo è una conseguenza della 'rottura' dei globuli rossi dovuta alla Epn", precisa la dottoressa Barcellini.

La ricerca ha fatto degli importanti passi in avanti rispetto agli anni '90, quando ci si limitava a somministrare cortisoni o, nei casi più gravi, a effettuare il trapianto di midollo, unico trattamento risolutivo. "In seguito è arrivato un farmaco che agisce sulla proteina C5 , l'eculizumab, un anticorpo monoclonale, e ha cambiato la storia dei pazienti", racconta l'esperta, "le somministrazioni sono passate da scadenze bisettimanali a bimestrali e oggi esiste anche la formulazione da iniettare sottocute".

C'è purtroppo un grosso limite del medicinale, ovvero il fatto che perde di efficacia nel paziente col passare del tempo.

Problema superato grazie a un altro farmaco, ovverol'iptacopan, "che si assume per bocca e agisce sulla cosiddetta 'via alterna', bypassando così il rischio di calo di efficacia, che è legato al target sulla proteina C5".

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