Arresto cardiaco e respiratorio, ecco come le "microbolle iniettabili" possono salvare la vita

Dopo ben quindici anni di ricerca, arriva la nuova tecnica per trattare gli arresti cardiaci e respiratori: l'ossigeno iniettato direttamente nel sangue

Arresto cardiaco e respiratorio, ecco come le "microbolle iniettabili" possono salvare la vita
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Dagli Stati Uniti arriva un nuovo importante metodo per intervenire in caso di arresto cardiaco e/o respiratorio. Un gruppo di ricercatori ha infatti trovato il modo per fornire ossigeno al paziente iniettandolo direttamente nel sangue. Un progetto davvero ambizioso, che potrebbe portare a una svolta nel trattamento dell'emergenza. Per arrivare a ottenere dei risultati, gli scienziati hanno lavorato al nuovo sistema per ben quindici anni.

Le "microbolle iniettabili"

La ricerca, pubblicata su Nature Biomedical Engineering, è stata portata avanti dal cardiologo John Kheir e dal ricercatore Yifeng Peng, del Boston Children's Hospital. Lo studio è stato motivato dalla necessità di intervenire in quelle situazioni di emergenza in cui la ventilazione fornita attraverso le comuni maschere d'ossigeno non produce risultati. Stiamo parlando di situazioni di criticità, dove il paziente si trova in arresto cardiaco e c'è bisogno di intervenire in fretta.

La soluzione dei due studiosi sono delle microbolle iniettabili, frutto di una nuova tecnologia. Queste particelle microscopiche, progettate per trasportare ossigeno, possono essere immesse nel torrente circolatorio, andando così a ossigenare i tessuti. In questo modo si può intervenire anche nel casi più disperati, evitando l'ipossiemia e migliorando il tasso di sopravvivenza.

Come sottolineato dagli studiosi, questo nuovo metodo è pensato per intervenire quando ogni tecnica di ossigenazione, fra cui anche l'intubazione, sembra inefficace. L'ipossiemia, infatti, è una condizione molto grave che può causare danni irreversibili agli organi, provocando gravissime conseguenze.

La tecnica sviluppata da Kheir e Peng punta a somministrare microbolle di ossigeno nel sangue, capaci di dissolversi velocemente, senza provocare conseguenze. Ideare la procedura non è stato facile, e infatti sono occorsi anni. Il rischio che le bolle, una volta arrivate nel sangue, potessero causare embolie letali era altissimo e i primi esperimenti non hanno dato buon esito. I due ricercatori sono però andati avanti, hanno tentato la soluzione delle microbolle rivestite di lipidi e delle microparticelle polimeriche a nucleo cavo, senza però ottenere gli effetti sperati.

A fare la differenza sono state le microbolle rivestite da un guscio polimerico solido in grado di dissolversi grazie al pH presente nel sangue. In questo modo l'ossigeno viene trasportato direttamente nella zona prescelta, e senza causare danni. I due studiosi hanno dimostrato che con il loro metodo iniettare gas nel sangue non è pericoloso, poiché la bolla si dissolve molto rapidamente. I test pre-clinici hanno dato risultati eccezionali.

Inizia la sperimentazione

Lo studio va avanti, dato che il lavoro dei due ricercatori ha ottenuto un importante finanziamento. C'è dunque la possibilità di lavorare alla produzione di un farmaco, da sottoporre poi al giudizio della Food and Drug Administration (FDA).

Questo nuovo metodo, che si spera possa ottenere altri risultati positivi, potrebbe davvero fare la differenza in futuro, permettendo ai soccorritori di salvare ancora più vite durante situazioni critiche e complesse come l'arresto cardiaco e respiratorio.

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