I rischi per il cuore e la sindrome metabolica: ecco come si cura il "fegato grasso"

Difficile da diagnosticare per il fatto che non presenta sintomi specifici, la steatosi epatica è una malattia abbastanza diffusa

I rischi per il cuore e la sindrome metabolica: ecco come si cura il "fegato grasso"
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Fino a non molto tempo fa il disturbo conosciuto come "fegato grasso", nome comune della "steatosi epatica", non era ritenuto particolarmente degno di attenzione dal punto di vista medico, poi con l'evolversi della ricerca si è invece compreso che esso gioca un ruolo determinante nell'insorgere della "sindrome metabolica". Si tratta di una situazione clinica che può condurre il paziente allo sviluppo di una serie di disturbi, come dislipidemia, glicemia alta e diabete di tipo II, incrementando pertanto il rischio che si originino delle patologie cardiovascolari come ictus e infarti.

Il "fegato grasso" può colpire circa 1 adulto su 3, con percentuali che oscillano tra il 25% e il 33%: nel caso in cui non derivi dall'abuso di alcol (steatosi non alcolica) esso può avere un'origine genetica o di natura metabolica. A predisporre il nostro organismo a questo genere di disturbo possono concorrere una serie di fattori, come "essere sovrappeso, avere una disposizione del grasso differente soprattutto nelle viscere (si misura con la circonferenza vita che non deve superare nelle donne adulte gli 80 cm e i 94 cm nell’uomo), pressione alta, trigliceridi (non sopra i 150 mg/dl), colesterolo buono non troppo basso e diabete", ha spiegato a Il Corriere la docente di Medicina interna e direttrice della Medicina a indirizzo metabolico del Policlinico di Milano Anna Ludovica Fracanzani.

Il tessuto adiposo in eccesso produce adipocitochine, che possono causare infiammazioni croniche: qualora esso si sviluppi attorno agli organi arriva anche a soffocarli. Nel momento in cui "ingrassa", il fegato subisce una progressiva infiammazione che provoca la distruzione delle cellule epatiche, le quali vengono di volta in volta rimpiazzate da tessuto fibroso: questa condizione clinica pone le basi per lo sviluppo della cirrosi epatica, che nei casi più gravi può evolvere in tumore al fegato.

La situazione progredisce senza che all'esterno ci siano dei segnali captabili fin dal suo primo sviluppo: ecco perché molti pazienti scoprono di avere il "fegato grasso" solo dopo l'insorgere di patologie cardiovascolari. Gli individui a rischio sono in genere over 50 obesi o fortemente sovrappeso con pressione alta e talvolta diabete, per cui può nascere un sospetto tra i medici di famiglia, ma per scovare la steatosi epatica servono almeno degli esami del sangue.

"La diagnosi, è facile e indolore", spiega l'esperta, "in genere si può sospettare con un normalissimo esame del sangue in cui i valori degli enzimi epatici (le transaminasi) sono alterati". "L'esame che decreta la presenza di steatosi poi è l'ecografia epatica, che può stabilire se e quanto il fegato è 'infarcito'. In caso di effettiva steatosi", precisa la dottoressa Fracanzani, "si procede di solito con un esame ulteriore, sempre indolore, che serve a capire se si è sviluppata fibrosi: a questo scopo lo strumento più diffuso è il Fibroscan, che si basa sull'invio di onde elastiche attraverso una sonda appoggiata sul torace". Ovviamente un altro esame consigliato è l'eco-doppler delle carotidi, che ha l'obiettivo di valutare eventuali conseguenze di natura cardiovascolare come la presenza di placche aterosclerotiche.

Far "dimagrire" il fegato è possibile, iniziando fin dal momento della diagnosi a modificare le proprie abitudini: occorre in primis ridurre il peso, seguendo una dieta adeguata e praticando attività fisica.

"È importante adeguare le quantità di cibo al bisogno e migliorare la qualità: la piramide alimentare della dieta mediterranea ci dà l'idea della frequenza di consumo dei vari alimenti", precisa l'esperta,"l'attività fisica giusta è quella che si fa, almeno mezz'ora al giorno. La moderazione ci deve guidare".

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