La nuova speranza nella dura battaglia contro il morbo di Alzheimer potrebbe arrivare dallo studio condotto da un team di ricerca statunitense, finalizzato alla ricostruzione del meccanismo di innesco della patologia nel nostro organismo.
A originare la neurodegenerazione sarebbero le cellule di microglia, vale a dire le stesse responsabili della sorveglianza del nostro sistema nervoso centrale che formano la prima linea di difesa contro i patogeni: queste sarebbero dunque non solo il fulcro del sistema immunitario cerebrale ma anche un potenziale pericolo in caso di eccessiva attivazione. Risalendo all'origine del problema e bloccando questo innesco nei topi da laboratorio affetti dalla malattia, gli scienziati hanno potuto apprezzare non solo un rallentamento nella progressione ma addirittura una sua inversione. L'obiettivo è ora quello di riuscire a sviluppare un farmaco in grado di intervenire sull'innesco dell'Alzheimer anche per gli esseri umani, restituendo la speranza ai milioni di pazienti affetti dalla terribile malattia
L'importante scoperta è da attribuire a un gruppo di lavoro internazionale coordinato dagli scienziati del Centro di ricerca scientifica avanzata della Città Universitaria di New York. A collaborare e condividere i risultati dei loro studi, solo per citarne alcuni, sono stati i ricercatori della Divisione di Scienze Mediche dell'Università di Victoria e il CERVO Brain Research Centre di Québec City in Canada, il Dipartimento di oftalmologia e scienze visive dell'Università del Michigan e il Dipartimento di Psichiatria della Johns Hopkins University negli Stati Uniti.
Tutti gli scienziati, il cui lavoro è stato coordinato dalla dottoressa Pinar Ayata, docente presso l'Advanced Science Research Center del CUNY Graduate Center, hanno focalizzato la propria attenzione sull'operato delle cellule di microglia, responsabili delle difese immunitarie del cervello. C'è, tuttavia, il rovescio della medaglia, dal momento che tali cellule, in grado di proteggere il sistema nervoso centrale da infezioni batteriche e virali, possono essere responsabili dell'avvio del meccanismo di degenerazione alla base di gravi malattie. Ecco perché i ricercatori hanno ribattezzato "Dark Microglia" questo innesco, a cui può seguire la strage di neuroni alla base di patologie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson.
Questa sorta di iperattivazione, che può provocare infiammazione e danni neuronali, sarebbe innescata, secondo i risultati ottenuti dal teami di ricerca dell'ASU-Banner Neurodegenerative Disease Research Center – Biodesign Institute dell'Università Statale dell'Arizona, da un'infezione da citomegalovirus nel nostro intestino. La "risposta integrata allo stress cellulare" indurrebbe la microglia a replicare producendo e rilasciando nel sistema nervoso centrale dei lipidi tossici in grado di causare la morte dei neuroni e di favorire lo sviluppo dell'Alzheimer.
Proprio individuando questo meccanismo di risposta allo stress cellulare, e inibendolo farmacologicamente, i ricercatori hanno operato sui topi affetti dalla forma murina della patologia, ottenendo risultati strabilianti non solo col rallentamento ma anche con l'inversione dei suoi sintiomi.
"Questi risultati rivelano un legame strettissimo tra lo stress cellulare e gli effetti neurotossici della microglia nel morbo di Alzheimer", spiega Anna Flury, coautrice dello studio,"colpire questo innesco potrebbe aprire nuove strade alle cure, bloccando di fatto la produzione di lipidi tossici o prevenendo l'attivazione di fenotipi microgliali dannosi".
Così facendo, quindi si potrebbe "rallentare significativamente o addirittura invertire la progressione del morbo di Alzheimer, offrendo speranza a milioni di pazienti e alle loro famiglie", aggiunge Leen Aljayousi, altra ricercatrice impegnata nel lavoro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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