Una nuova scoperta riaccende le speranze dei ricercatori nella durissima lotta contro i cosiddetti tumori "freddi". Le patologie che rientrano in questo temutissimo gruppo, come il cancro alla prostata o quello al colon-retto, si contraddistinguono per un microambiente "freddo" per via del ridotto numero di cellule T intratumorali: questo scarso livello di infiltrato linfocitario, ovviamente, comporta una risposta immunologica molto bassa se non addirittura assente. E questo diversamente dai tumori "caldi", per cui quelli caratterizzati da un microambiente tumorale "caldo" nel quale è possibile reperire numerose cellule immunitarie: grazie a questa condizione, al contrario di quanto affermato per il primo insieme, le terapie immunologiche possono agire bene e dare risultati più confortevoli.
Ed è proprio qui che intervengono gli importanti risultati ottenuti da un gruppo di ricerca dello "Health Rogel Cancer Center" presso l'Università del Michigan. Gli scienziati sono riusciti a individuare il ruolo determinante che svolge l'enzima UBA1, in grado da solo di condizionare in modo pesante la risposta immunitaria del nostro organismo contro i tumori. In realtà UBA1 era già noto ai ricercatori, anche se in un'altra veste: la sua presenza era infatti stata collegata allo sviluppo dei tumori.
Facendo leva su questo ruolo dell'enzima, si è scoperto che mettendolo fuori combattimento è possibile agevolare l'aumento del numero di cellule T e abbattere le resistenze dei tumori alle terapie immunologiche."Abbiamo visto notevoli successi clinici con le immunoterapie, specialmente con la terapia del checkpoint", dichiara il direttore del Michigan Center for Translational Pathology Arul M.Chinnaiyan, autore dello studio, "tuttavia, alcuni tumori si sono dimostrati resistenti o del tutto non reattivi a queste terapie, limitando il loro potenziale".
La nuova scoperta, tuttavia, cambia finalmente tutto e riapre le speranze."È entusiasmante aver stabilito questo collegamento tra UBA1 e il reclutamento delle cellule T", precisa l'esperto. "Non era mai stato descritto prima e spalanca finalmente le porte a nuove combinazioni terapeutiche".
Ma come si può inibire l'enzima? Assume un ruolo di primaria importanza il farmaco TAK-243, tuttora in fase di sperimentazione: utilizzato sui topi, il medicinale ha già ampiamente dimostrato la sua efficacia, innescando il rallentamento della crescita tumorale e ottimizzando il reclutamento delle cellule T CD8+. "Nella metà dei topi trattati con TAK-243, in combinazione con una terapia di blocco dei checkpoint immunitari, i tumori sono scomparsi", dice il ricercatore.
Grazie a questa combinazione è possibile pensare di poter contrastare con maggior vigore anche i tumori "freddi" i quali, proprio grazie a UBA1, disattivano le nostre difese e agevolano la crescita del tumore favorendo il suo occultamento rispetto alla vigilanza offerta dal nostro sistema immunitario. "Abbiamo gettato le basi per dimostrare che questa combinazione terapeutica potrebbe funzionare bene in alcuni tipi di cancro", considera ancora Chinnaiyan,"con TAK-243 già disponibile, la strada verso l’applicazione clinica potrebbe essere più vicina di quanto pensiamo".
L'immunoterapia si potrà estendere a tipi di cancro per i quali si era finora rivelata inconsistente:"C’è ancora molto lavoro da fare sui meccanismi alla base di tutto questo, ma siamo fiduciosi che il nostro lavoro stimolerà nuove ricerche e lo sviluppo di farmaci più efficaci", conclude l'autore dello studio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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