Una farsa all'Unesco: la Siria ai Diritti umani

Mentre la Lega Araba mette Assad alle strette all’organizzazione Onu per la cultura il blocco arabo fa eleggere un Paese che spara sulla sua gente

Una farsa all'Unesco: la Siria ai Diritti umani

Carnevale è ancora lontano ma il fatto che il blocco dei Paesi arabi al Comitato esecutivo dell'Unesco abbia eletto la Siria membro del Comitato incaricato di occuparsi dei diritti umani in quella Agenzia potrebbe diventare la barzelletta dell'anno. Persino il Direttore Generale dell'Unesco Irina Bokova ha dichiarato che la decisione del Comitato esecutivo nei confronti della quale non può intervenire «non è stata felice». Dopo l'elezione all'Unesco dell'ancora inesistente Stato palestinese che ha portato alla sospensione dei contributi finanziari americani, inglesi e canadesi, quest'ultima prova di irrealismo arabo potrebbe mettere in crisi l'Unesco stesso.

Rende più assurdo questo voto il fatto che è avvenuto alla vigilia dell'espulsione della Siria dalla Lega Araba, fatto senza precedenti anche se potrebbe non essere definitivo dal momento che alla Siria è stata lasciata aperta una strada di ritirata che potrebbe essere quella dell'accettazione di osservatori arabi sul comportamento delle forze di sicurezza. La Lega Araba è stato uno dei maggiori insuccessi del panarabismo. Creata nel 1945 per volontà di Anthony Eden come strumento per rafforzare l'influenza britannica nel Medio Oriente, era nota per la sua impotenza decisionale salvo che nei confronti di Israele. Per cui espellere la Siria è un avvenimento. Anzitutto perché la Siria è il cuore dell'arabismo e la sua disgregazione servirebbe a sviluppare le ambizioni delle minoranze che compongono la sua popolazione e che hanno il loro fulcro fuori dai confini siriani. In secondo luogo perché la riluttante decisione della Lega evidenzia la preoccupazione provocata dalla la rivolta araba nelle dirigenze arabe. Che si tratti di sostenitori della rivolta anche solo a parole (come l'Egitto e Giordania) o di oppositori (come l'Arabia Saudita) è evidente che i gruppi di potere nel mondo arabo - militari, economici, religiosi o etnici - si sentono minacciati dalla marea di sdegno, povertà, ingiustizia sociale, corruzione dilagante nelle popolazioni. Basterebbe del resto un dato del Rapporto annuale dell'Onu sullo sviluppo del mondo arabo a spiegarlo: il numero di libri tradotti nell'intero mondo arabo forte di mezzo miliardo di individui è inferiore al numero dei libri tradotti in Spagna. (I Nobel arabi sono nove volte meno di quelli israeliani, Paese di 7 milioni di abitanti). L'attuale crisi del mondo arabo è crisi di modernità, non una crisi endemica nella natura araba come molti amano credere. Di questa crisi le classi dirigenti politiche, sociali e religiose sanno di essere responsabili, anche se rifiutano di ammetterlo.

Infine l'espulsione della Siria dalla Lega potrebbe causare quello che pressioni internazionali, sanzioni, attentati e l'uccisione di migliaia di manifestanti sono state incapaci di provocare: la caduta del regime di Assad. Quello che la Lega provocherebbe sarebbe quello che questa associazione impotente ha sempre cercato di evitare: la lotta di arabi contro arabi; la giustificazione dell'intervento straniero in particolare quello turco di cui gli arabi non dimenticano il «colonialismo ottomano» contro cui si rivoltarono nella prima guerra mondiale ottenendo il diritto alla autodeterminazione e alla sovranità. Nell'immediato, poi, le sanzioni della Lega porrebbero fine alla circolazione di beni e persone siriane nel mondo arabo e provocherebbero disastrosi effetti bancari.

Se Assad non accetterà un compromesso che potrebbe essere quello richiesto la settimana scorsa

dalla Lega di inviare osservatori per controllare la verità dei massacri, per lui potrebbe significare la fine, nonostante il sostegno che ancora gode all'interno da parte delle minoranze alawita, cristiana, curda e drusa.

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