Fascisti su Marte? No, marziani atterrati nell'Italia del Duce

Altro che "Area 51"... un saggio ricostruisce le ricerche ufologiche volute da Mussolini. Sin dal 1933 il regime dava la caccia agli alieni

La sigla che identifica il fenomeno è inglese: Ufo (Unidentified flying Objects). E del resto per la storia dell’ufologia ufficiale il primo vero avvistamento di dischi volanti è quello compiuto dall’uomo d’affari Kenneth Arnold sul monte Rainer. E anche per quanto riguarda i precedenti di norma si citano solo i foo fighter (caccia di fuoco) avvistati dagli aerei da guerra alleati durante il Secondo conflitto mondiale. Però potrebbe essere il caso di retrodatare la nascita dell’ufologia di più di un decennio. E udite udite di spostarla in Italia.

Negli anni Trenta infatti diversi Ufo sarebbero stati avvistati sulla nostra penisola e il Duce avrebbe addirittura voluto la creazione di un apposito istituto di ricerca e sorveglianza: il Gabinetto RS33.
È questa l’ardita tesi, che non manca però di documentazione, presentata da Roberto Pinotti e Alfredo Lissoni in Luci nel cielo. Italia e Ufo: le prove che il duce sapeva (Mondadori, pagg. 310 euro 9,50). I primi avvistamenti sarebbero avvenuti tra il 1933 e il 1936. A esempio, carte con l’intestazione del senato del Regno proverebbero che i caccia italiani si alzarono in volo nella zona di Venezia per inseguire «un aeronave misteriosa». Un «disco metallico, netto lucente, largo dicono, dieci o dodici metri». L’inseguimento finì quasi subito visto che gli aerei in zona avevano una velocità di crociera di poco superiore ai 130 kilometri orari. Ma la stessa aeronave, in compagnia di un gigantesco sigaro lucente, fu rivista poco dopo dalle parti di Trieste.

E poi pare proprio che il Duce in persona avesse voluto mettere in piedi un pool di scienziati di cui è stato possibile ricostruire i membri: il biologo sperimentale Filippo Bottazzi, l’ingegnere aeronautico Gaetano Arturo Crocco, il botanico Romualdo Pirotta, il famoso matematico Francesco Severi, Giancarlo Vallauri esperto di elettrotecnica e ferromagnetismo, il chimico Francesco Giordani, e Dante De Blasi medico e igienista. Per capire il profilo dei personaggi citati basti ricordare che Crocco è quel genio dell’aeronautica e dei razzi che per primo ha teorizzato l’utilizzo della fionda gravitazionale nei viaggi spaziali. Insomma gli italiani erano convinti della presenza nei loro cieli di aeromobili stranieri di natura e tecnologia sconosciuta. Questa è l’ipotesi di minima. Ma Pinotti -che è stato un consulente del SETI (l’ente radioastronomico per la ricerca di civiltà estraterrestri) e fondatore del Cun (il Centro Ufologico Nazionale) e Lissoni - giornalista che da sempre indaga sugli Ufo - si spingono anche più in là. Nel 1933 un Ufo si sarebbe schiantato al suolo nel milanese e sarebbe stato poi nascosto a scopo di studio nei capannoni della Siai Marchetti di Vergiate.

E di questa vicenda (già nota) ricostruiscono attentamente la genesi. Con tanto di connection nazista per impossessarsi della documentazione italiana e delle tecnologie sviluppate a partire dalla «retroingegneria» del mezzo alieno. Qui i lettori più scettici leggendo di V7 e di raggi della morte sviluppati da Guglielmo Marconi qualche dubbio, nonostante i documenti citati nel libro, se lo faranno venire. Anche a ragione.

Però il fatto che l’Ovra e il regime andassero a caccia di misteriosi oggetti volanti, beh, questo sembra essere abbastanza ben documentato... Esattamente come il fatto che Gaetano Arturo Crocco abbia sviluppato idee (come la propulsione a liquido), progetti e teorie poi sfruttate dalla Nasa. Genialità o «retroingegneria» (aliena o meno)?

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