Fate, uccelli, astronauti. Ecco come voliamo tra fantasia e gravità

Dawkins racconta l'evoluzione delle tecniche umane e naturali per librarci nell'aria e oltre

Fate, uccelli, astronauti. Ecco come voliamo tra fantasia e gravità

All'inizio di Voli di fantasia (Mondadori, pagg. 292, euro 27) ci sono una dedica che incuriosisce («A Elon / che vola alto con l'immaginazione», e che pare proprio Musk...) e una confessione: «Avete mai sognato di volare come un uccello? Io sì, e mi piace molto». A parlare, anzi a scrivere, con l'accompagnamento delle illustrazioni meravigliose di Jana Lenzová, è Richard Dawkins, lo scienziato inglese autore di Il gene egoista e L'orologiaio cieco, il più celebre dei biologi evoluzionisti contemporanei e, anche, l'ateo più noto (in ambito scientifico) da quando Stephen Hawking è morto. Per un incrocio universitario (d'élite), Hawking, che era di Oxford e lì aveva preso la sua prima laurea, poi aveva studiato a Cambridge, dove occupava la cattedra che era stata di Newton e Dirac, mentre Dawkins, che è nato a Nairobi, in Kenya, ha studiato a Oxford e lì è stato il primo a detenere la cattedra Charles Simonyi di Comunicazione della scienza. E, in effetti, la comunica benissimo: Voli di fantasia è un saggio rigoroso e pieno di informazioni tecniche e scientifiche ma è, allo stesso tempo, un viaggio dove l'immaginazione, l'arte, la poesia e la genialità, della natura e dell'uomo, ci fanno planare con leggerezza sui dati e sulle informazioni.

Il sottotitolo, «Una sfida alla gravità», ci indirizza verso gli approdi tecnologici e futuristici dell'iniziale, e quasi mitologico, «sogno di volare»: si parte con Icaro, i tappeti volanti, le fatine (in cui credeva perfino Arthur Conan Doyle...) e gli angeli custodi per arrivare alle passeggiate in orbita degli astronauti e alle missioni «Oltre Venere», guidati, ancora una volta, dopo millenni, dallo stesso spirito di frontiera che fece navigare gli uomini verso l'Isola di Pasqua, scrutando le costellazioni per orientarsi nell'oceano. Il tutto raccontato da Dawkins senza mai abbassare la guardia: per esempio, sembra proprio che gli astronauti che si trovano lassù, sulla Stazione spaziale internazionale, volino nello spazio, vero? E invece no: «Sbagliato, sbagliato, sbagliato!». Ecco che cosa succede un po' sopra le nostre teste: «L'astronauta e la bilancia, la stazione spaziale e tutto quanto vi è contenuto fluttuano perché sono in caduta libera. Cadono in continuazione. Cadono intorno al mondo. La forza di attrazione gravitazionale continua a esercitarsi su di loro, attirandoli verso il centro della Terra, ma nello stesso tempo essi ruotano ad alta velocità intorno al pianeta, anzi ruotano a una velocità così elevata che mentre cadono continuano a mancare la Terra». Proprio come la Luna. Quindi, anche quando sembra vinta, la sfida della gravità non lo è affatto...

Innanzitutto, essendo un evoluzionista di impostazione, Dawkins spiega perché agli animali (o meglio, ad alcuni di essi) convenga volare, visto che si tratta di una capacità che implica costi molto elevati. La risposta, come sempre, è nella sopravvivenza della specie: approvvigionamento di cibo, accoppiamento, sicurezza per la prole, possibilità di sfuggire ai predatori. Tanto è vero che, come noto, gli uccelli che arrivarono in isole remote, come il kiwi della Nuova Zelanda o il dodo, persero l'abitudine al volo. E, per contro, i pochi mammiferi abitanti «naturali» (cioè prima di sbarchi umani con corredo di animali estranei all'ambiente) di queste stesse isole sono spesso pipistrelli, ovvero mammiferi con le ali. E, proprio a questo proposito, sorge uno degli interrogativi «alla Dawkins» di cui l'autore dissemina deliziosamente il libro: perché lo stesso ragionamento evolutivo che ha portato agli uccelli non volatori nelle isole remote non si realizza anche per i pipistrelli? Magari, semplicemente, non abbiamo ancora adocchiato uno di questi pipistrelli non volanti: «Forse in futuro la genetica molecolare scoprirà una specie isolana di toporagno che risulterà essersi originata (in senso evolutivo) da qualche pipistrello».

Si consideri che le ali, comunque, sono un benefit molto dispendioso. Il cormorano delle Galápagos, per esempio, non vola più ma, quando si tuffa per pescare, le sue ali si inzuppano; quindi, dopo la caccia, deve distenderle al sole per farle asciugare. Come fanno gli altri uccelli acquatici? Beh, «si ungono le ali con un olio protettivo impermeabilizzante», tipo le creme per le scarpe invernali... Le ali inutilizzate, però, tendono anche a rimpicciolirsi: così è successo a quelle del cormorano delle Galápagos ma, anche, agli «uccelli del terrore» (o forusracidi) del Sudamerica, che si estinsero solo un paio di milioni di anni fa ed erano alti fino a tre metri, con il capo e il becco enorme in cui poteva entrare, forse, un capibara tutto intero. Creature che ricordano il Roc delle Mille e una notte, immaginato mentre trasportava un elefante in volo: fantasmagorico, sì, anche se in Madagascar vivevano gli Aepyornis, ovvero gli «uccelli elefante», dei giganti di tre metri. E indovinate da dove proveniva il mitico Roc, secondo Marco Polo? Proprio dal Madagascar, dove il giovane David Attenborough cercò, molti anni fa, di rimettere insieme i pezzi di un guscio d'uovo di Aepyornis.

Detto ciò, per volare è meglio essere l'esatto opposto del Roc, ovvero piccoli e leggeri. Come la Tinkerbella nana, una sottospecie dell'insetto più piccolo al mondo, così chiamata in onore di Tinkerbell, la Campanellino di Peter Pan. Dawkins spiega tutte le tecniche che ci siamo (gli animali e noi) inventati per volare: planiamo come gli scoiattoli e i deltaplanisti e ci paracadutiamo, sfruttiamo la propulsione attiva, battiamo le ali 1046 volte al secondo (se siamo un certo tipo di moscerino), oppure siamo furbescamente più leggeri dell'aria, come le mongolfiere, oppure addirittura fluttuiamo in «assenza di peso», come sulla Stazione spaziale.

I pesci e la maggior parte dei mammiferi (cioè esclusi i pipistrelli) però non volano e la domanda dell'evoluzionista appassionato di volo è: perché mai? Dawkins è convinto che, se una pandemia si portasse via tutti i pipistrelli, qualche roditore sarebbe subito pronto a spiccare il grande salto. Perché volare, Leonardo da Vinci insegna, è una tentazione irresistibile. Perfino per chi non crede di trovarci il Paradiso, lassù.

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