Sandro Bondi*
Angelo Panebianco, nel suo editoriale di ieri sul Corriere della Sera, richiama la politica italiana a non fossilizzarsi su problematiche che riguardano - in definitiva - solo se stessa e ad affrontare le sfide che vengono dal contesto internazionale. Il richiamo è quanto mai opportuno. Nella prossima campagna elettorale i temi del confronto dovranno essere innanzitutto due: oltre che su come affrontare la difficile congiuntura fiscale ed economica del Paese, ci si dovrà confrontare su quale collocazione e quale politica il nuovo governo intenda adottare in Europa e nel mondo.
Sarebbe un errore, ad esempio, pensare che ci si possa disimpegnare dalla crisi mediorientale che ha avuto il suo punto di culmine lundici settembre e che rischia di avere una nuova accelerazione dopo la vittoria degli integralisti in Iran. Va dato atto a questo governo e a questa maggioranza di aver saputo assumere un ruolo importante nella crisi irachena compiendo scelte rigorose anche se difficili: questo impegno non verrà meno, anzi, dovrà accompagnarsi a iniziative internazionali - con gli Stati Uniti e non solo - di promozione della democrazia e di sostegno ai movimenti democratici nascenti. Il rafforzamento delle relazioni con gli Usa non ci ha impedito di giocare un ruolo attivo e costruttivo in Europa, smentendo le accuse di scarso spirito europeista. Nei prossimi sei mesi saremo al fianco di Tony Blair e del suo tentativo di rilanciare lUnione Europea sulla base di un programma di innovazione e di rilancio della competitività attraverso riforme di mercato. Noi non abbiamo mai ceduto alla idealizzazione dellEuropa, ma abbiamo sempre cercato di immaginare una sua evoluzione contro la sclerosi burocratica e dirigista che ha allontanato milioni di cittadini dal processo di integrazione, che pure ha così alti meriti. Per questo la Cdl - al di là di qualche asprezza leghista che fino a oggi non ha impedito di raggiungere il consenso sulle politiche - ha le carte in regola per partecipare alla necessaria rifondazione del progetto di integrazione europea, che deve portare ad avere «meno Europa» dove al governo di Bruxelles è bene che si sostituisca quello degli Stati e delle regioni - o semplicemente il mercato - e «più Europa» dove lEuropa manca: penso alla politica estera - un seggio allUnione nel Consiglio di sicurezza dellOnu, non alla sola Germania - e di difesa comune; così come alle strategie per linnovazione e le infrastrutture di dimensione e interesse comunitario. Sarebbe interessante capire meglio quale sia il programma su questi punti dellUnione di Prodi. Prevarrà il pacifismo «senza se e senza ma» di Bertinotti, Cossutta e Pecoraro o la ragionevolezza della Margherita di Rutelli? E sullEuropa: oggi Prodi attacca a fondo Blair, accusato di scarsa coerenza. Lecito dedurre che la linea di Prodi è quella difesa a oltranza di un modello di Europa ormai rifiutato dai cittadini, anche perché incapace di produrre le condizioni per il rilancio delleconomia dei grandi Paesi dellEuropa continentale. Noi siamo con Blair e con il suo progetto di riforma e di modernizzazione dellEuropa, Prodi e lUnione sembrano prigionieri di un europeismo ideologico e conservatore.
*Coordinatore nazionale di Forza Italia
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