Roma - I tempi della crisi di governo sono scanditi. Nel dettaglio. Decisivo l'incontro a sei occhi tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e la seconda e la terza carica dello Stato, Renato Schifani e Gianfranco Fini. La mozione di fiducia al Senato e quella di sfiducia al governo alla Camera saranno votate contestualmente il 14 dicembre. I presidenti di Camera e Senato, al termine dell'incontro con il Capo dello Stato al Quirinale, hanno concordato che il Senato concluderà l’esame della legge di stabilità entro la prima decade di dicembre. La mattina del giorno 13 si svolgeranno al Senato le annunciate comunicazioni del governo. Sempre il 13, nel pomeriggio, alla Camera, si svolgerà il dibattito sulla mozione di sfiducia presentata da Pd e Idv. Il giorno successivo avranno luogo le votazioni. Ma è evidente che il risultato del voto di Palazzo Madama sarà precedente a quello di Montecitorio, essendo l’assemblea di senatori la metà di quella dei deputati con tempi di votazione e proclamazione del risultato assai diversi.
Berlusconi: "Bene il voto il 14" "Era quello che chiedevo". Il premier avrebbe commentato così la decisione presa dal presidente della Repubblica Napolitano con i presidenti dei di Camera e Senato. La linea resterebbe quella decisa con Bossi. Se il governo dovesse ottenere la fiducia solo al Senato e non a Montecitorio, Berlusconi andrebbe da Napolitano a chiedere lo scioglimento della Camera o di entrambe. In serata arriva anche il commento dei vertici del Carroccio: il governo durerà fino al 27 di marzo. Data entro la quale dovrebbe essere approvato il federalismo fiscale.
Napolitano: intesa sui tempi I presidenti di Senato e Camera sono stati un'ora al Quirinale. L’incontro ha permesso di registrare la concorde adesione delle forze parlamentari all’esigenza di dare la precedenza, nei lavori della Camera e del Senato, all’approvazione finale delle leggi di stabilità e di bilancio per il 2011. L'esigenza era stata nei giorni scorsi richiamata dal Capo dello Stato in nome dell’interesse generale del paese nelle attuali difficili vicende finanziarie internazionali. Subito dopo la conclusione degli adempimenti, nei tempi definiti nelle competenti sedi delle conferenze dei capigruppo, si procederà all’esame della crisi politica, culminata nella presentazione alla Camera di una mozione di sfiducia al governo ai sensi dell’art. 94 della Costituzione, e nella richiesta del presidente del Consiglio di rendere comunicazioni al Senato e alla Camera. Il presidente della Repubblica ha auspicato una costruttiva intesa in proposito tra i presidenti e tra gli organismi rappresentativi dei due rami del parlamento.
Le opposizioni e la crisi Sì alla finanziaria, ma in fretta. Ha voglia di crisi di governo tutta l'opposizione. I gruppi di minoranza si impegnano compatti a "consentire la conclusione dei lavori parlamentari, per l’esame della legge di stabilità e di bilancio, entro il mese di novembre". Lo fanno in una lettera inviata dai capigruppo di Camera e Senato ai presidenti dei due rami del parlamento, Renato Schifani e Gianfranco Fini. A firmare la missiva, Dario Franceschini e Anna Finocchiaro (Pd), Pier Ferdinando Casini e Giampiero D’Alia (Udc), Massimo Donadi e Felice Belisario (Idv), Bruno Tabacci e Giacinto Russo (Api) e Daniela Melchiorre (Liberaldemocratici).
Senso di responsabilità "Una crisi politica irresponsabilmente negata, o tenuta aperta per lungo tempo, può essere causa di ulteriori gravissime conseguenze interne e internazionali" scrivono i capigruppo delle opposizioni alla Camera e al Senato. "Per scongiurare tale rischio - scrivono le opposizioni nella missiva ai presidenti di Camera e Senato - il nostro senso di responsabilità ci impone un atto di lealtà costituzionale, pur nella dichiarata e manifestata volontà di opporsi alle scelte economiche e finanziarie contenute nella legge di stabilità inadeguate a risolvere lo stato di crisi che il Paese e i suoi cittadini stanno vivendo".
Bersani minaccia L’opposizione ha dato la sua disponibilità a tempi certi per l’approvazione della finanziaria, ma se si facesse ancora melina sulla crisi non è detto che non si decida di fare invece battaglia. È il monito che Pier Luigi Bersani ha rivolto oggi al governo. "Siamo disponibili a non fare ostruzionismo, purchè si metta un punto alla crisi di governo - ha detto il segretario del Pd -. Noi siamo responsabili ma è chiaro che se dall’altra parte fossero irresponsabili, ci teniamo le mani libere anche davanti alla legge di stabilità". Dunque, ha insistito, "sarebbe totalmente irresponsabile che facessero melina per rinviare il redde rationem della crisi. Se così fosse, utilizzeremo tempi, modi e forme consentite dai regolamenti parlamentari per esplicitare al massimo la nostra funzione".
Il Quirinale e la quiete "Spero di non essere costretto, da qui al 2013, a rifugiarmi in questa biblioteca del Quirinale come in un’oasi rispetto a un mondo politico e istituzionale perennemente perturbato. Mi auguro di potere venir qui serenamente" ha detto il presidente della Repubblica inaugurando la restaurata biblioteca del Quirinale.
Castelli: "Fini fa la crisi per fermare il federalismo", ha detto il vice ministro alle Infrastrutture Roberto Castelli, commentando la crisi della maggioranza, a margine dell’inaugurazione di una mostra sulla storia dell’Ansaldo a Palazzo Ducale di Genova. "Noi della Lega - ha aggiunto Castelli - avevamo un alleato e abbiamo assistito con sconcerto a questa esplosione e disintegrazione del Pdl. Avevamo una maggioranza seria che stava facendo le cose e allora domandiamoci perché il Pdl è arrivato a questo punto: non potevano parlarsi e mettersi d’accordo al loro interno? Di questa esplosione della maggioranza - ha concluso il vice ministro - il Paese non ne sentiva assolutamente il bisogno".
Stiffoni: "A conti fatti si vota fra il 20 e il 28 febbraio" E' la previsione fatta dal senatore della Lega Nord, Piergiorgio Stiffoni, intercettato dai cronisti mentre si infila nell’ascensore per raggiungere i leghisti riuniti con Umberto Bossi nello studio della vice presidente del Senato Rosi Mauro. "Il 14 dicembre - argomenta l’esponente leghista - la Camera nega la fiducia al governo. Qualche giorno passa nelle consultazioni al Quirinale. Ecco che si arriva intorno al 20 dicembre o forse alla fine dell’anno.
Da quel momento, sciolto il Parlamento, scattano i termini per andare alle urne: minimo 45 massimo 70 giorni di campagna elettorale. Secondo le nostre previsioni si può andare alle urne intorno alla fine di febbraio".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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