Il paradosso della finanza sostenibile: criteri Esg per la Difesa?

Inserire le armi nella categoria dei settori aperti alla finanza sostenibile? Il dibattito si riapre dopo l'invasione russa dell'Ucraina

Il paradosso della finanza sostenibile: criteri Esg per la Difesa?

Nel grande scontro tra narrazione e realtà può succedere che nel mondo della finanza sostenibile si inizi a discutere dell'impensabile: estendere al settore degli armamenti e della difesa la coperta dei parametri Esg, ovvero dei critieri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance che qualifica, secondo i benchmark, gli investimenti di nuova generazione. Citando Macbeth, "fair is foul and foul is fair", si arriva a categorie di insostenibilità del discorso che possono far franare, se portate all'estremo, tutte le aspettative e le narrazioni su cui legittimamente la finanza sostenibile si è incamminata.

C'è un limite a tutto quando notiamo che diversi investitori prevedono di estendere i criteri Esg ad armamenti e difesa, sostenendo in tempi di guerra tra Russia e Ucraina che oggigiorno non c'è nulla di più "socialmente responsabile" di "investire nelle compagnie che producono armamenti". Parola di almeno due analisti di Citi di cui ha parlato il New York Times. Il procuratore generale dell'Arizona, Mark Brnovich, critica questa prospettiva sul profilo economico sottolineando che questo porterebbe gli Esg a violare ogni regola "antitrust e di concorrenza" in un editoriale per il Wall Street Journal, ma sul mondo finanziario pende la spada di Damocle del rischio di ipocrisia.

Cosa c'è, in sostanza, di più sostenibile socialmente della difesa della democrazia minacciata in Ucraina, si chiedono molti operatori finanziari? Tanti nei corridoi di Londra e New York riportano le parole di Artis Pabriks, vicepremier lettone, che negli ultimi tempi dichiara apertamente che sarebbe un errore "non ritenere etica la difesa nazionale". Il nuovo round di riarmo in corso in Europa in quest'ottica è stato colto come una palla al balzo da coloro che vogliono inserire le armi nel quadro Esg.

Saab e Swedbank, esponenti di un Paese neutrale ma in riarmo come la Svezia in cui il tema della sostenibilità è molto sentito, hanno proposto una via di mezzo sostenendo che se da un lato è legittimo aprire a un discorso sulla Difesa per non escludere automaticamente quelle imprese attive sia sul fronte civile che su quello militare, dall'altro è fondamentale evitare lo sviluppo di armi ritenute controverse. Ben più arrembante il discorso di molti operatori della finanza. Tanto che la Piattaforma sulla Finanza Sostenibile dell'Ue sta discutendo sulla nuova tassonomia pensando di includere in toto il settore della difesa.

Tutto questo, nota Esg News, va discusso in un contesto in cui va ricordato che " la base di partenza della tassonomia sociale sono i documenti fondamentali dell’Unione Europea e internazionali in materia, tra cui vi sono gli obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Tra questi il goal 16 auspica “pace, giustizia e istituzioni forti”, e da questo punto di vista le armi non possono essere considerate uno strumento di pace".

Dunque, se la finanza sostenibile vuol continuare a dirsi tale non può indicare come variabile la sua geometria. Il resto è geopolitica. Nulla di sbagliato o condannabile a priori, basta essere chiari. Ed evitare in questa fase svolte che possono pregiudicare il pur virtuoso cammino della finanza sostenibile.

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