«Viene da domandare se è più di destra concedere la cittadinanza a tutti indistintamente dopo dieci anni, oppure se sia più di destra concederla a chi la desidera dopo cinque anni. Oppure se sia più di destra l'egualitarismo del "tutti italiani" oppure se lo sia di più considerare italiani solo chi lo vuole essere, chi dimostra di parlare la lingua, di conoscere la storia, di rispettare i valori». La finiana Fondazione «Farefuturo» torna sul tema della cittadinanza, con un corsivo a firma del direttore Filippo Rossi, pubblicato sul Ffwebmagazine, periodico online della Fondazione.
In consonanza con quanto dichiarato l'altro ieri dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, alla festa del Pdl, Rossi chiede se sia «più di destra la burocrazia temporale (come è oggi) oppure il discernimento valoriale, come la proposta di cui si sta discutendo in questi giorni prevede. La normativa attualmente in vigore condiziona l'attribuzione o meno della cittadinanza mediante meri indicatori quantitativi, per l'esattezza mere indicazioni temporali. E non prevede alcuna eccezione ai termini previsti per casi in cui sia dimostrabile un'effettiva integrazione o un'effettiva volontà di aderire alla comunità nazionale italiana».
«È di destra una legge siffatta? - si domanda nell'editoriale -. Non sembra proprio. Anzi, sembra tutt'altro, perchè non dà nessun significato alla cultura, alla storia di un popolo». Poi il direttore conclude: «Sono quesiti che, detto per correttezza, consideriamo alquanto inutili, quasi ridicoli. Convinti come siamo che l'unico bipolarismo possibile, su alcune questioni fondamentali, sia quello che distingue il giusto e lo sbagliato.
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