RomaDoveva essere un fiume in piena, sè rivelato poco più che un ruscello. La prova generale per la grande manifestazione di protesta contro il G8 dellAquila dei primi di luglio ha fatto flop. «Siamo in ventimila», esultano gli organizzatori della micro manifestazione di ieri. «Non più di duemila», ribattono dalla questura nellimmancabile balletto di cifre. Vero è che la marea somiglia più a una pozzanghera. I numeri esigui sono sottoscritti pure da una militante anarchica tutto piercing e tatoo che sbuffa sconsolata: «Il problema è che di politica non gliene frega un cazzo a nessuno». Allhappening ultrà solo qualche scintilla appena partito il corteo: cinque ragazzotti della rete Rash, gruppo antifascista europeo, vengono fermati dalla polizia allaltezza di via Buonarroti. Per gli organizzatori sono paladini dellordine in versione Che Guevara che hanno allontanato dei provocatori fascisti. Per i questurini sono solo teste calde, lì per fare un po di baraonda.
Di fatto, di politica se ne vede e se ne sente poca. «Siamo tutti clandestini» è lo slogan più gettonato del monocromatico raduno degli anarcoinsurrezionalisti: tira molto il nero, che fa tanto black bloc e cattivo, nella sfilata del tatuaggio. Canottiere color pece e attillatissime per le quasi tutte scheletriche figliocce di Bakunin; magliette della stessa tinta e slabbrate per i loro compagni. Quasi tutti con telefonini in mano e caschi legati alla cinta perché non si sa mai; moltissimi con macchine fotografiche e megaobiettivi da far invidia a Oliviero Toscani. Di sicurezza, immigrazione, carovita e lotte sindacali si parla poco, pochissimo, se si escludono i gruppuscoli dei Cobas, di Rifondazione, dei Comunisti italiani e un drappello di stranieri che incensano il loro nuovo Santo: «San Papier». Per il resto sembra unadunata di ultras da stadio ma senza partita. Linossidabile El pueblo unido jamas serà vencido accompagna lincedere a lumaca dellenorme camion-gru Mercedes che, in testa al corteo, vomita decibel e birre alla spina.
E che sia una sfilatina piuttosto che una grande marcia lo ammette pure Piero Bernocchi, storico leader dei Cobas, che spiega così il flop: «È stato un corteo con numeri contenuti, comera prevedibile. Tanti piccoli cortei a tema è la nuova strategia dei movimenti. Quando arriveremo al G8 dellAquila avremo già fatto una decina di manifestazioni. È unimpostazione più concreta».
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