Milano - Quando Francesca Bonazzoli nell'Inganno della scimmia fa parlare Artemisia Gentileschi, traspare nel dolore della pittrice seicentesca tutta la passione per un'arte capace di nobilitare la vita e salvare dal male nero. Nelle tele che da giovedì saranno esposte a Palazzo Reale, all'interno della mostra Artemisia Gentileschi. Storia di una passione, traspare lo stesso pathos.
Per la prima volta l'ampia antologica milanese, forte di oltre cinquanta opere e documenti inediti, dà spazio all’intera produzione di un'eccelsa protagonista del Seicento europeo. Per come è stata concepita la mostra, curata di Roberto Contini e Francesco Solinas e arricchita da interventi scenografici e teatrali di Emma Dante, permette al pubblico di seguire Artemisia nelle sue non comuni esperienze di vita e riscoprendo un’artefice completa, di indubbio talento, che si è espressa in una variegata gamma di temi e generi pittorici. Artemisia nacque nel 1593 a Roma, figlia di quell'Orazio Gentileschi, celebrato in tutta Europa. Nella sua Artemisia, Anna Banti scrisse: "Oltraggiata appena giovinetta, nell’onore e nell’amore. Vittima svillaneggiata di un pubblico processo di stupro. Che tenne scuola di pittura a Napoli. Che s'azzardò, verso il 1638, nella eretica Inghilterra. Una delle prime donne che sostennero colle parole e colle opere il diritto al lavoro congeniale e a una parità di spirito tra i due sessi".
Artemisia riuscì a uguagliare il padre sia nella fama sia nella pur diversamente orientata passione per la pittura. "L'unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura, e colore, e impasto, e simili essenzialità", scriveva Roberto Longhi nel 1916. Tuttavia, l’artista ha dovuto aspettare oltre tre secoli per vedere riconosciuto dai posteri il suo status di grande pittore. Fino al secondo dopoguerra, infatti, la Gentileschi viene ricordata più per il processo per deflorazione intentato al collega del padre Agostino Tassi - che segnerà dolorosamente la sua vita e carriera - che per i suoi evidenti meriti pittorici. Dai primi anni Sessanta, la vicende della sua vita avventurosa e libera, come la forza espressiva e il linguaggio ricco e fantasioso della sua arte, sono stati oggetto di studi ed interpretazioni da parte della critica femminista: Artemisia diveniva un simbolo di coraggio ed emancipazione, ma la sua eccelsa pittura, ammirata sin dal Seicento e ricercata dai potenti di tutta Europa, era messa in secondo piano.
La mostra, fortemente voluta da 24Ore Cultura – Gruppo 24Ore, ha il dare ad Artemisia Gentileschi il posto che merita nella grande pittura del suo tempo. Lo spettatore avrà così modo di approfondire le vicende della sua vita, alla luce di documentazione edita ed inedita, sono tra gli obbiettivi della rassegna milanese ideata e curata da Roberto Contini, conservatore alla Gemäldegalerie di Berlino, con la collaborazione di Francesco Solinas, Maître de Conférences al Collège de France.
La mostra, che sarà a Palazzo Madama fino al 29 gennaio, è suddivisa cronologicamente nelle quattro fasi che contraddistinguono la vita di Artemisia: gli inizi a Roma - giovanissima - sotto l’influenza del padre, gli anni a Firenze in cui il suo stile si sviluppa autonomamente giungendo ad una codificazione inconfondibile, il ritorno a Roma all’inizio degli anni Venti ed il successivo quasi quarto di secolo a Napoli fino alla morte giunta nel 1653.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.