Sangue, ancora sangue italiano in Afghanistan. Ma noi, annuncia Franco Frattini, non ce ne andremo, resteremo laggiù ancora tre o quattro anni. «Il futuro della presenza italiana in Afghanistan sarà stabilito dalla Nato e dall'Onu, ci troveremo a novembre a Lisbona e lì ci stabilirà una road map per il graduale passaggio di potere alle autorità civili afghane». Nessuna fuga, quindi. «La provincia di Herat, quella dove ci sono gli i nostre truppe - spiega il ministro dgli Esteri - sarà una delle prime ad essere interessate. Il che ovviamente non vuol dire che i soldati italiani se ne andranno. Il piano è restituire all'Afghanistan il pieno controllo della situazione entro il 2014».
E dopo la battaglia di Javand, con il ferimento di un alpino paracadustista del quarto reggimento e di un incursore della marina, Frattini ora vuole rinnovare «la gratitudine a questi soldati che lavorano anche per la nostra sicurezza». Una gratitudine dovuta anche «alla notizia di qualche giorno fa di un complotto terroristico destinato a colpire in Europa. I terroristi vengono proprio da quelle parti, quindi i nostri soldati che li combattono, combattono per noi. Se non li constratiamo prima che partano, prima o poi possono venire a colpire qui».
Solidarietà e vicinanza ai militari italiani e all'intero contingente impegnato in Afghanistan viene espressa dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, che si è tenuto costantemente informato attraverso il capo di Stato maggiore della Difesa, dal presidente del Senato Renato Schifani e dal Pd. Secondo La Russa «il progetto di affidare alle truppe afghane il controllo del loro territorio entro la fine del 2011 può essere mantenuto». Per il ministro della Difesa ci sono due motivi di soddisfazione: «Il primo è per le condizioni dei militari feriti, colpiti agli arti superiori e quindi non in pericolo di vita.
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