Adesso Stefano Galli, capogruppo della Lega Nord in consiglio regionale, fa il modesto: «Non ho fatto niente di eccezionale. Mi hanno offerto dei soldi e li ho rifiutati, tutto qui. Forse credevano di trovare terreno fertile, uno disponibile, ma io con i soldi ho sempre avuto un rapporto forte, me li sudo e me li guadagno e in più lo stipendio me lo danno i lombardi con le tasse che pagano ed è a loro che devo rispondere. Ho fatto quello che farebbe ogni persona onesta di questo paese, che di gente onesta ne ha tanta». Sarà. Ma rispetto al clichè consueto delle indagini sul mondo della mazzetta, l’inchiesta condotta dal pm Fabio De Pasquale - e venuta alla luce grazie ad uno scoop del Corriere della sera - è indubbiamente anomala. Stavolta - nella ricostruzione dell’accusa - l'imprenditore che offriva soldi in cambio di un appalto, si è sentito dire di no. E come se non bastasse, dopo aver rifiutato l’offerta, Galli è andato dalla polizia e ha raccontato tutto.
L’intera storia si svolge in casa leghista. Uomo del Carroccio è Galli, ma nella stessa area si muove l’imprenditore accusato delle avances: Alberto Uva, di schiatta nobile genovese, promotore di un progetto di comunicazione da mandare in onda sui televisori degli ospedali lombardi. E vicino ai «lumbard» è anche il funzionario regionale che invece alle lusinghe di Uva è accusato di aver ceduto, e che per questo viene indagato per corruzione: Simone Rasetti, capo di gabinetto di Luciano Bresciani, assessore leghista alla Sanità e medico personale di Umberto Bossi. L’ufficio di Rasetti e altri locali del Pirellone vengono perquisiti a lungo ieri dalla Digos di Lecco, incaricata delle indagini dal pm De Pasquale.
Il conte Uva, già consulente del ministro Roberto Castelli, ieri si dichiarava «amareggiato e attonito», «quello che abbiamo proposto era un progetto a costo zero per le casse regionali, e tutti i rischi ricadevano soltanto sulla società», cioè sulla Mmh, la Multimediahospital dell’imprenditore Bruno Della Negra. «Ho fiducia nella magistratura», aggiunge Uva. E allo stesso concetto si affida Simone Rasetti, che prima di diventare capo dello staff di Bresciani (ed entrare persino tra i papabili per i vertici di un grande ospedale) faceva il giornalista: «Ho come sempre fiducia nella magistratura che farà il suo dovere». «Nell’atto d’accusa - spiega Attilio Fontana, sindaco di Varese, scelto da Rasetti come difensore di fiducia - si parla di corruzione ma non viene indicata una cifra e anzi non si fa nemmeno riferimento ad alcun passaggio di denaro».
Il problema è che qualcosa di irregolare, secondo il decreto di perquisizione, negli uffici della Regione e negli ospedali da essa controllati è comunque accaduto. Non sono state solo offerte (e forse accettate) contropartite, si è anche alterata la procedura che doveva gestire gli appalti per «TeleOspedale» ed altre forniture.
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