Questa volta la polizia iraniana non s'è fatta sorprendere come a luglio, ma ha atteso al varco i trasgressori, arrestandoli subito dopo il loro «reato», cioè una battaglia a colpi di pistola ad acqua. Gli agenti sono intervenuti subito che al parco Ab-o-Atash nel centro di Teheran si era svolto una battaglia di gavettoni, andando ad arrestare a casa decine di ragazze e ragazzi. Soddisfatto il vice capo della polizia Ahmad Reza Radan. «Le persone che compiono queste azioni sono stupide o non rispettose della legge, ma la polizia non consentirà loro di raggiungere l'obiettivo».
Già due mesi fa centinaia di giovani avevano partecipato nel centro di Teheran, immersa nella calura estiva, a una gigantesca battaglia usando pistole ad acqua e bottiglie. L'evento, organizzato tramite Facebook e sms, era stato poi pubblicizzato su Internet, con numerose fotografie di ragazzi con gli abiti inzuppati. In particolare donne con lo «hijab», il tradizionale velo sul capo, di traverso. Subito si era accesa la rabbia dei conservatori e il responsabile del dipartimento «tutela della moralità» della polizia, generale Ahmad Rouzbahani, aveva avvertito simili eventi non sarebbero stati più consentiti.
Detto fatto ai primi di agosto, 17 tra ragazzi e ragazze erano stati arrestati dopo una battaglia in un parco sul mare, nella città di Bandar Abbas, perché responsabili di quello che era stato definito un atto di «haram», cioè «vietato dall'Islam». Una retata che non ha fermata l'ondata di gioia. Così venerdì più di 36mila utenti di Facebook - lo stesso strumento ampiamente utilizzato dal movimento di opposizione riformista per organizzare le proteste di massa successive alla rielezione di Mahmoud Ahmadinejad, nel 2009 - avevano annunciato la loro partecipazione alla «battaglia»
Il ritrovo era stato fissato via Facebook. «Ci vediamo venerdì, al Giardino dell'acqua e del fuoco, tutti armati di pistole ad acqua». Centinaia di ragazzi e ragazze si sono ritrovati, hanno giocato e riso per ore, senza che la polizia intervenisse. Ma in serata è scatta la «reazione». Gli agenti hanno iniziato ad arrestare i ragazzi che avevano preso parte alla «battaglia ad acqua» con l'accusa di eccessiva promiscuità e disubbidienza ai dettami islamici. Uomini e donne non uniti da legami di sangue o da matrimonio, non dovrebbero infatti toccarsi o avere relazioni al di là delle «norme sociali».
Dopo il blitz, la tv iraniana ha mostrato un servizio in cui alcuni dei giovani fermati, spalle alla telecamera, confessavano di aver giocato con l'acqua e di aver usato pistole di plastica. Un ragazzo spiegava: «Era un gioco molto intimo. Molto più intimo di quanto avrebbe dovuto essere». Il capo della polizia morale di Teheran, Ahmad Roozbehani, ha tagliato corto: «Venerdì s'è tenuto un evento contro le norme sociali». Mentre il vice capo della polizia Radan, è sicuro che questi happening nascondano oscure manovre: «Dietro le battaglie ad acqua ci sono altri obiettivi. E i giovani vengono strumentalizzati dagli organizzatori degli eventi». «Un evento simile spargerà corruzione» gli fa eco Hossein Ibrahimi, un politico conservatore. E in un certo senso hanno entrambi ragione in quanto nonostante la repressione, nuove battaglie d'acqua sono già state organizzate in altre città, come Isfahan e Karaj.
Per il blogger iraniano che lavora da Londra Potking Azarmehr, intervistato dal Guardian: «Ci sono due punti che hanno messo in difficoltà il regime: il primo è che le persone si divertono. Il secondo che si sono organizzate attraverso un social network. Circostanze percepite dal regime come un pericolo».
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