Generali, Galateri favorito verso la presidenza Geronzi liquidato, era d'intralcio a certi poteri...

Il presidente Telecom favorito per sostituire Geronzi grazie alle doti di mediazione già mostrate al vertice di Piazzetta Cuccia. Oggi la decisione del Cda. L’ad Perissinotto non è in discussione, ma deve recuperare un anno perduto e sarà sotto la lente dei soci. Della Valle, Montezomolo la cacciata di Geronzi e le mani sul Corriere (leggi l'editoriale di Sallusti) 

Generali, Galateri favorito verso la presidenza 
Geronzi liquidato, era d'intralcio a certi poteri...

C’è Gabriele Galateri nel futuro delle Generali. Mentre si profila qualche cambiamento nell’assetto del Corriere della Sera.
Nel cda convocato per oggi alle 18 a Roma, presieduto dal vice presidente vicario Francesco Gaetano Caltagirone, al quale molti soci interverranno in videoconferenza, la nomina dell’attuale presidente Telecom in scadenza dovrebbe diventare ufficiale. Nelle ultime ore dovrebbero cadere le estreme riserve e con queste le candidature di Mario Monti e Roland Berger, in ogni caso mai così forti come quella di Galateri. L’ex ad di Fiat e Ifil è risultato a Mediobanca, primo azionista di Generali con il 13,4%, il candidato ideale proprio perché già «sperimentato» in una situazione ricca di analogie: quando nel 2003 Vincenzo Maranghi fu cacciato da Mediobanca, un po’ come oggi Geronzi lo è stato da Generali, fu proprio Galateri a prendere la presidenza della banca d’affari per la difficile transizione. E fu un successo che l’attuale presidente Renato Pagliaro e l’ad Alberto Nagel non hanno dimenticato. Tra l’altro Galateri è rimasto vicepresidente delle Generali anche dopo l’arrivo di Geronzi a Mediobanca, cioè fino allo scorso anno.
Per Generali si tratterebbe di una presidenza tranquilla, di un soggetto che conosce già bene il cda della compagnia, oltre agli equilibri della finanza italiana e internazionale. Di certo senza il rischio di mettere sotto pressione la governance con una rappresentanza invasiva. Per il difficile azionariato triestino è quello che ci vuole. E comunque sarà una svolta: dopo la lunga presidenza Bernheim e i 347 giorni di Geronzi, a Trieste comincia una nuova era. È questo il clima che si respira nei palazzi delle Generali, come se l’ultimo anno fosse stato speso su questioni collaterali rispetto all’andamento della compagnia. La nuova governance varata un anno fa, con la promozione di Giovanni Perissinotto a Group ceo, o l’arrivo più recente del country manager per l’Italia, Paolo Vagnone, è nei fatti rimasta lettera morta. Ora potrà svilupparsi, senza più alibi per il tempo impiegato a dirimere i contrasti con la presidenza. Da questo punto di vista, molti azionisti, a cominciare da Mediobanca, ma anche Caltagirone, Crt, Ferak, Del Vecchio, De Agostini, spingeranno il management a fare nei due anni che mancano alla scadenza dei mandati anche il lavoro che è mancato in questi ultimi 12 mesi per questioni estranee alla gestione. Da questo punto di vista, Perissinotto ha la fiducia dei soci: non è a rischio. Nessuno vuole nemmeno immaginare l’ipotesi di un nuovo ribaltone prima della scadenza naturale. Ma di qui ad allora, il ceo, insieme con tutta la squadra, dovrà dimostrare tutte le sue migliori capacità per guadagnarsi la riconferma. E con lui Vagnone, visto che è l’Italia il primo tema dal quale ci si aspetta recupero di efficienza e redditività. Specie sul fronte dell’aggregazione Toro-Alleanza. Il secondo è l’estero, che tutti giudicano peraltro sempre ben gestito dall’ad Sergio Balbinot. Il terzo è quello dei prodotti, settore che richiede uno sforzo innovativo e commerciale.
Per quanto riguarda le rappresentanze nelle partecipate, Perissinotto entra nel patto Pirelli, il direttore finanziario Raffaele Agrusti in quello Rcs e il nuovo presidente in Mediobanca. Sarebbe questa la ripartizione per i «posti di potere» lasciati liberi da Geronzi sulla base dell’idea che i manager che siedono nei cda delle partecipate dovrebbero rappresentare il Leone anche negli accordi parasociali. Non ci sono invece ancora segnali sul cda della Rcs Quotidiani.

Ma è proprio il futuro di Rcs che, dopo lo scossone su Geronzi, potrebbe riservare le prossime sorprese. E forse non è un caso che Giuseppe Rotelli, azionista con l’11% in Rcs ma fuori dal patto, sia ieri stato ricevuto in Mediobanca.

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