La Liguria scopre la terra L'agricoltura contro la crisi

Tornare da dove siamo partiti. Forse è più un imperativo che una scelta politica, fatto sta che il prossimo anno 2013 potrebbe segnare una nuova tendenza nell'economia ligure: quella della riconversione ad agricoltura e allevamento. Una tendenza che ha già colpito gran parte delle regioni italiane tanto da far definire il settore primario come vero ammortizzatore sociale dello Stivale: quello agricolo è oggi l'unico settore italiano che segna una crescita (nell'ultimo anno +1,1 per cento) e crea nuovi posti di lavoro. Una tendenza che si sta cominciando a percepire anche in Liguria, territorio più complesso per sviluppare nuove aziende proprio per la conformazione, ma che non sembra voler rimanere indietro. A confermarlo sono le stime della Coldiretti Liguria che negli ultimi cinque anni ha visto passare dai propri uffici oltre 400 domande per l'avvio di nuove aziende agricole, dato che viene definito confortante soprattutto perché al timone di queste realtà ci sono le nuove generazioni: «Il nostro è un territorio fatto di piccoli terreni dove la difficoltà più grande è rappresentata dalla mancanza di infrastrutture che possano legare l'entroterra alle città: un fattore che fa aumentare i costi di produzione - spiega Fabio Rotta della Coldiretti Liguria -. L'altro dato è la difficoltà a mantenere i produttori di latte sul territorio perché oggi a fronte di una spesa di produzione media di 40 centesimi per ogni litro di latte, le centrali te ne pagano 36 centesimi e la perdita è garantita: così chi continua ad allevare lo fa per poi vendere la carne».
Alla data del 24 ottobre 2010 in Liguria erano attive 20.121 aziende agricole per 43.033 ettari di superficie agricola utilizzata. La provincia di Imperia risulta la realtà maggiormente rappresentata con 7.670 imprese che coprono una superficie di oltre 13mila ettari. La tendenza degli ultimi anni ha visto uscire dal mercato le piccolissime realtà mentre le aziende che hanno resistito hanno via, via aumentato gli spazi di coltivazione con una media attuale di circa 4,8 ettari a azienda. Questo anche grazie allo sviluppo dei contributi europei e statali che hanno incentivato alla riqualificazione di appezzamenti abbandonati in strutture ricettive per il turismo enogastronomico. Una tipologia di impresa che viene spinto soprattutto dai giovani che, in assenza di altre possibilità di occupazione, tornano a prendere in considerazione l'idea di ritrovare un antico mestiere con un'ottica imprenditoriale. «Ma avviare un'azienda agricola non è comunque né semplice, né economico - spiega ancora Fabio Rotta -. È difficile iniziare se ci sono pochi contributi statali e non si possiedono appezzamenti o strutture di proprietà: alcuni strumenti per fortuna ci sono e c'è chi ha saputo approfittarne, tanto che le nostre aziende sono le più flessibili e sempre capaci di riconvertirsi».
In questo discorso si inserisce il piano che la Regione Liguria proporrà nel mese di gennaio, ma che il governatore Claudio Burlando ha già avuto modo di presentare in consiglio regionale. Un piano articolato per il rilancio del settore agricolo con il doppio obiettivo di creare nuove occasioni di lavoro per i giovani e recuperare il patrimonio naturale e paesaggistico. «Parlare di ritorno alla terra per noi non è un azzardo o una moda romantica: abbiamo capito sulla nostra pelle, durante le alluvioni degli ultimi anni, quanto incida l'abbandono del bosco, della campagna, e della collina - ha detto Burlando -. Gli esperti ci hanno assicurato che solo con la manutenzione del bosco esistente potremmo arrivare ad alimentare 60 piccole centrali a biomassa, a filiera corta, da mezzo megawatt». La legge regionale parte da un finanziamento iscritto a bilancio di 1 milione e mezzo di euro a cui va aggiunto 1 milione dal fondo per la montagna. La Regione si occuperà di fare una stima delle terre incolte e definirà un programma per il loro utilizzo. I proprietari delle terre dovranno quindi impegnarsi all'utilizzo e alla cura dei propri territori altrimenti sarà l'ente di De Ferrari ad intervenire per assegnare la terrà a chi si offrirà di lavorarla con metodologie remunerative. «Non si tratta di espropriare, ma di assegnare le aree a una “banca della terra” che ne consentirà l'uso per l'interesse collettivo - ha argomentato ancora il presidente -. Ci saranno nuove occasioni di occupazione perché accanto alle attività agricole, floricole, forestali e della zootecnia si potranno sviluppare imprese destinate all'accoglienza e alla ristorazione». In questa chiave la Regione ha già registrato l'interesse del Fondo ambiente italiano che è pronto a mettere a disposizione 60 ettari di aree tra Levanto e Monterosso all'interno del parco nazionale delle Cinque Terre.
Un altro dato interessante è il profilo dei giovani under 40 che, a livello nazionale, sceglie di dedicarsi alla terra.

Non ci sono solo periti agrari e agronomi ma neolaureati anche con competenze tecniche che, di fronte alla difficoltà di inserimento nei rami di competenza, scelgono di avventurarsi in una strada che, a costo di sacrifici, ha ancora una buona resa economica oltre a soddisfazioni professionali.

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