Washington - Rudolph Giuliani non tasta più l’acqua. Ha eliminato l’espressione «esaminare se ci sono le condizioni per una candidatura alla presidenza degli Usa» dal documento che ha depositato presso la Commissione Elettorale Federale, primo passo burocratico per chi vuole concorrere alla Casa Bianca: nel novembre 2008, ma ci sono scadenze molto più prossime, soprattutto quelle essenziali che riguardano la raccolta di finanziamenti. A tutti i fini pratici, dunque, Rudy è in corsa e nei primi sondaggi è fra i tre aspiranti con maggiori possibilità di ottenere la nomination del Partito repubblicano. Ufficialmente di candidati ce ne sono almeno 10 (12 in campo democratico) ma quelli che contano, che hanno cioè forti possibilità di ottenere la candidatura sono tre per parte. I democratici sono chiamati a decidere fra Hillary Clinton, Barack Obama e John Edwards. Fra i repubblicani i più quotati sono John McCain, Mitt Romney e, ora è proprio sicuro, Rudolph Giuliani. Che non ha mai realmente nascosto di puntare alla Casa Bianca ma che ha aspettato a gettare il guanto di sfida come ultimo fra «i grandi» perché riconosce di avere, oltre che dei notevoli punti di forza, alcuni lati deboli che non è finora riuscito a eliminare e che lo accomunano all’attuale «numero uno» della gara, McCain. Il senatore dell’Arizona è un militare e un conservatore, ha un passato eroico o per lo meno toccante come prigioniero per anni, maltrattato e torturato nel Vietnam del Nord, è un «falco» sull’Irak (pur criticando Bush) ma è un «moderato» sui temi che in America si chiamano «sociali» e che noi preferiamo chiamare di «costume». Giuliani non ha un passato militare ma era sindaco di New York il giorno dell’attacco alle Torri Gemelle e ha incarnato alla perfezione e con grande prontezza il ruolo guida di cui i suoi concittadini avevano bisogno in quelle ore. Tutti sapevano che egli non sarebbe stato più candidato per quella che sarebbe stata la terza volta e quindi le sue azioni e il suo linguaggio hanno trovato maggiori consensi in quanto politicamente disinteressati. Non avendo un passato militare e non essendosi finora occupato molto dei problemi della Difesa, Giuliani basa il suo «appeal» conservatore sul suo passato di combattente senza compromessi per la «Law and Order», prima come procuratore inflessibile e poi come primo cittadino della metropoli e responsabile dell’ordine pubblico. La sua formula «tolleranza zero» ha suscitato e tuttora trova vasti consensi non solo in America ma un po’ in tutto il mondo, anche perché corroborata da risultati eccellenti che hanno trasformato New York da «capitale del crimine» in una delle grandi città più sicure negli Stati Uniti e nel pianeta. Una combinazione che lo rende particolarmente credibile nella lotta al terrorismo.
Però la «linea dura» di Rudy si ferma qui. Su altri temi egli appare piuttosto un pragmatico (per esempio si oppose alla proposta di escludere dalle scuole di New York i figli degli immigrati clandestini obiettando che era più saggio per tutti «tenerli in aula e non per le strade»). Sulle questioni «morali», poi, Giuliani appare addirittura un liberal, perché in quelle la sua tolleranza è ben lontana dallo zero. Per quanto riguarda ad esempio l’aborto, l’omosessualità e tutte quelle forme eterodosse che sono molto diffuse nella società delle grandi metropoli. A questo proposito Giuliani può essere collocato a sinistra di McCain e quindi ben piazzato in un duello con candidati democratici come Hillary Clinton, ma svantaggiato nelle primarie repubblicane, frequentate soprattutto dagli attivisti più conservatori, particolarmente vicini alle organizzazioni religiose, in genere conosciute come Destra Cristiana.
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