Governo a disagio con gli Usa E George incontrerà il Cavaliere

Palazzo Chigi: «Non abbiamo alcun senso di colpa» In agenda anche «il vecchio amico Berlusconi»

Governo a disagio con gli Usa E George incontrerà il Cavaliere

da Roma

Niente «complessi di colpa» e tantomeno alcun «senso di doversi far perdonare qualcosa»: fonti diplomatiche di palazzo Chigi hanno fatto uno strappetto alla regola ieri, nel presentare il summit Usa-Italia di sabato prossimo a Roma.
Non accade spesso che, prima di un faccia a faccia con un capo di Stato, un governo metta in qualche modo le mani avanti per assicurare di recarsi all’appuntamento con uno dei maggiori alleati «con grande serenità», senza altri retropensieri. Perché così facendo si dà ovviamente la stura a una serie di sospetti. Resi più evidenti del resto, dalle constatazioni delle stesse fonti di palazzo Chigi che alcuni processi aperti (quello sul caso Abu Omar prende il via proprio venerdì e vede imputati 26 agenti Cia oltre a Pollari, mentre sul caso Calipari resta in piedi la richiesta di estradizione del marine Lozano) sono nelle mani della magistratura che notoriamente è «indipendente», e che le manifestazioni previste nella capitale contro la visita del presidente statunitense «rientrano nella libertà di espressione».
È una visita densa d’impegni ma anche piuttosto spinosa quella di George W. Bush che arriva in una Roma blindata venerdì sera - da Varsavia, dopo le conclusioni del G8 di Heiligendamm - e vi soggiornerà fino a domenica mattina, quando riprenderà il volo per l’Albania. Sul tavolo, una serie di temi su cui non dovrebbero sorgere problemi, ma anche problemi non facili. Sull’Afghanistan, sebbene gli americani riconoscano il nostro impegno nella lotta al terrorismo, la Casa Bianca giusto qualche settimana fa ha rivendicato ruoli paritari tra gli alleati, nell’offensiva anti-mullah. C’è il Libano dove la tensione sale. Ci sono divergenze anche per quel che riguarda l’Iran e il Darfour. C’è il conflitto israelo-palestinese che ribolle. E ci sarà probabilmente da analizzare i risultati dei colloqui del G8 a guida tedesca, specialmente in relazione a quella che potrebbe essere la posizione di Putin.
«L’amicizia tra i due Paesi - hanno fatto notare ieri a palazzo Chigi, riprendendo concetti già espressi da Prodi - non significa adesione acritica a qualunque cosa venga detta o fatta da Washington. Se gli americani fanno scelte che non condividiamo, in spirito di alleanza ed amicizia, lo diciamo; così come quando noi facciamo cose che a loro non piacciono, in spirito di alleanza ed amicizia ce lo dicono». Tutto corretto. Se non fosse che sabato sera, a conclusione di una giornata fitta di impegni (si comincia con una visita al Quirinale da Napolitano, si prosegue con un incontro con papa Benedetto XVI e poi a colazione con Prodi, prima di una tappa alla comunità di Sant’Egidio), Bush ha in programma un incontro con Silvio Berlusconi a villa Taverna, residenza dell’ambasciatore Usa. «Sono vecchi amici...» ha spiegato il portavoce della Casa Bianca Gordon Johndroe a bordo dell’aereo che ha portato ieri lo staff presidenziale da Washington a Praga, ricordando le visite dell’ex-premier italiano anche nel ranch texano di Bush. Ma la cosa assume un significato.
Che del resto ci siano divergenze tra l’attuale governo di Roma e l’amministrazione Usa non è un mistero. A palazzo Chigi hanno anzi ammesso che nel corso dei colloqui tra Prodi e Bush, viste «le preoccupazioni» americane, si potrebbe anche parlare dei casi Abu Omar e Calipari, ma ciò «non cambierebbe comunque lo stato delle cose». Nella ricca agenda del summit - ai colloqui prenderanno parte anche la Rice e D’Alema i cui rapporti Roma definisce «eccellenti» - si danno per certi capitoli anche sul tema ecologico, su quelli della difesa e dello spazio. Resta il problema delle manifestazioni anti-Bush, con gli espliciti inviti della sinistra radicale al presidente Usa di “tagliare” la prevista visita a Trastevere.

Nessun divieto da parte della maggioranza: ma la preoccupazione comincia ad affiorare, come hanno mostrato Fassino, Soro (Margherita) e Fabris (Udeur) auspicandone un pacifico svolgimento o invitando i ministri - lo ha detto il segretario diessino - a tenersene fuori.

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