Scusate se oggi parliamo di Cultura. È che ieri abbiamo letto un articolo su Repubblica titolato: «La Russa e Sangiuliano all'assalto del Piccolo». Attacco del pezzo: «La marcia della destra alla conquista delle istituzioni della cultura avanza verso un nuovo obiettivo, il Piccolo Teatro di Milano, dove vuole mettere un uomo della sua area in un'altra casella».
Allora ci è venuto in mente cosa accadde nel 2020, quando il regista bolognese Claudio Longhi fu imposto alla direzione del Piccolo Teatro in modo perentorio - diciamo così - da Romano Prodi (della cui moglie Longhi era amico) e dall'allora ministro della Cultura Dario Franceschini con l'avallo supino del sindaco di Milano Beppe Sala (che per le elezioni dell'anno dopo voleva garantirsi il pieno appoggio del Pd). Longhi non aveva i voti sufficienti del Cda perché i rappresentanti della Regione Lombardia non lo ritenevano il profilo giusto per il Piccolo. Il Cda non riusciva a trovare un accordo e andò in stallo. E cosa fecero Franceschini e Sala? Forzando lo statuto nominarono nottetempo due consiglieri in più in loro rappresentanza, col mandato di votare Longhi. Cosa che fecero. Longhi fu nominato. Ed è ancora lì.
Comunque, abbiamo sbagliato noi ovviamente.
All'epoca avremmo dovuto fare un pezzo titolato «Sala e Franceschini all'assalto del Piccolo» e attaccare così: «La marcia della sinistra alla conquista delle istituzioni della cultura avanza verso un nuovo obiettivo, il Piccolo Teatro di Milano, dove vuole mettere un uomo della sua area in un'altra casella».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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