Giuli, "Report" e il metodo faida

Cosa succede se l'affondo non è abbastanza efficace? Si allarga il cerchio. Tocca ai familiari. È quello che sta accadendo con il ministro della Cultura

Giuli, "Report" e il metodo faida
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Il metodo è antico. È la cultura della faida, quando al nemico non va lasciato quartiere. Non è più umano. È da abbattere, in qualsiasi modo. Non lo riconosci. Non lo legittimi. Non può esserci un punto d'incontro: o si inginocchia o l'offensiva sarà senza redenzione. «Li andremo a prendere uno ad uno». Ti chiedi se questo sentimento arcaico possa avere ancora spazio in una democrazia. Il confronto politico non dovrebbe nutrirsi di questo. La ragione dice che non è più tempo di faide, la realtà purtroppo ti smentisce. Il lato oscuro della democrazia italiana è ancora lì. Se alle elezioni vince la parte sbagliata allora non vale. Il dovere degli sconfitti è usare ogni mezzo per delegittimare l'avversario e poi portarlo alla resa senza neppure passare dal Parlamento. L'arma di questa faida politica è lo scandalo, giudiziario e morale. Qualcosa si trova sempre, e va bene, ma se non è abbastanza allora bisogna puntare l'obiettivo e non lasciargli tregua. Cosa succede se però l'affondo non è abbastanza efficace? Si allarga il cerchio. Tocca ai familiari. È quello che sta accadendo con il ministro della Cultura. Alessandro Giuli non è caduto. L'inchiesta di Report, prestigioso programma di inchieste televisive, sembra non averlo scalfito. Ha avuto più che altro il sapore di un avvertimento, troppo poco per mettergli pressione. Giuli in fondo sapeva che una volta accettato l'incarico non avrebbe avuto pace. Si può perfino dire che fa parte del gioco. Quel ministero appare come uno dei punti deboli del governo. Si va lì per cercare il doppio colpo, dopo Sangiuliano si balla con Giuli. L'attacco però non ha fatto abbastanza rumore. Cosa può davvero destabilizzare il ministro? Cosa può fare più male? Giuli è molto legato alla sorella. Basta questo. Ti diranno che non è vero. Quella di Report su Antonella Giuli è solo un'inchiesta giornalistica. C'è il sospetto che lei da ufficio stampa della Camera dei Deputati lavori sotto sotto per il partito, per Fratelli d'Italia, per Arianna Meloni. Eccolo, lo scandalo. Cosa fa la sorella del ministro il sabato e la domenica? Antonella Giuli deve raccontare una questione privata che non avrebbe voluto rendere pubblica. Uno dei suoi due figli ha una «patologia curabile ma non guaribile». E fa una domanda: «Era necessario che mi spingessi a tanto?». Forse Sigfrido Ranucci ha una risposta.

Il sospetto, al di là del lavoro da giornalista, è che lui si senta dalla parte dei giusti e dei buoni. È un po' come accadeva con i padri domenicani della Santa Inquisizione. È l'etica superiore che assolve da tutti i peccati. Le faide spesso sono una questione di fede.

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