Sui giornali la notizia è passata come un lampo. Un giorno due. Eppure il progetto di un attentato di un gruppo neonazista contro la prima premier di destra nella storia del Paese non è roba da poco. Ma a parte ciò le riflessioni sul significato di un atto del genere - e le sue conseguenze - sono state rare, sporadiche sulla stampa. Eppure decenni fa, parliamo addirittura della Prima Repubblica, un fatto speculare sul versante opposto suscitò una profonda riflessione nel Paese e tra le forze politiche. Parlo degli anni di piombo, quando il principale partito il sinistra, il Pci, avvicinandosi all'area di governo e al Potere finì nel mirino del terrorismo. Furono pagine drammatiche ma quel partito divenne una sorta di diga verso quei mondi, appartenenti anch'essi alla sinistra, che si erano messi in testa di sovvertire l'ordine democratico. Mondi che all'epoca avevano relazioni con l'Unione Sovietica, come oggi tutti gruppi neonazisti che vivono nell'underground politico europeo mostrano simpatia verso la Russia di Putin.
Quella funzione di diga fu una delle ragioni, se non la principale,
che portò alla legittimazione del Pci e ne favorì il processo di revisione e di modernizzazione. Pose il seme che portò ad una rilettura e ad una nuova identità fino al cambio di nome, all'abbandono della falce e martello e a tutto il resto.
Ora il progetto eversivo dei neonazisti ha riproposto la questione in termini simili sul versante opposto. Il partito istituzionale della destra italiana è entrato in prima persona nella stanza dei bottoni. C'era già stato altre volte negli ultimi trent'anni, ma questa volta ha espresso il Premier, quindi è diventato il perno e l'immagine del governo. Conseguenza: è diventato il bersaglio preferito, si può dire naturale, per quel pezzo di destra estrema, irriducibile, per alcuni versi demenziale, che come il terrorismo rosso di una volta punta con la violenza e il terrorismo a sovvertire l'ordine democratico. Ecco per quei mondi la Meloni è il primo obiettivo, il nemico da abbattere, nella loro follia, è l'eretica, la traditrice proprio perché è la diga che impedisce alla follia di fare proseliti e di aprire un nuovo capitolo tragico. Naturalmente la destra istituzionale ha condannato con violenza questo fenomeno, ne è diventata (come il Pci di una volta con le Br) l'acerrima nemica.
Di fronte a questa condizione ci si aspetterebbe un processo di legittimazione, che mandi in soffitta una volta per tutte tutto l'armamentario polemico sulle parentele tra questa destra e il fascismo, l'autoritarismo che si riaffaccia puntualmente a sinistra ad ogni elezione. Invece questa vicenda, il progetto neonazista, è stata liquidata su due piedi, come se fosse un inciampo nella narrazione. Ci vuole poco ad immaginare cosa sarebbe successo, invece, se per caso la cellula neo-nazista non avesse individuato nella Meloni il suo principale obiettivo: il professor Montanari, ad esempio, avrebbe subito individuato nella destra di governo i cattivi maestri dei nuovi pazzoidi in camicia bruna.
Ecco forse le forze democratiche del Paese, tra le quali c'è anche la Meloni e il suo partito, hanno perso un'occasione per riconoscersi, per mandare in soffitta accuse datate e, alla luce della realtà di oggi, ingiuste. Come si fece una volta con il Pci.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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