“Ma c'è una fine a tutto ciò? O andiamo avanti sino a quando rimane ancora qualcuno?". Dopo tre ore di conferenza stampa in cui Giorgia Meloni è stata interrogata praticamente su quasi tutto lo scibile umano, il premier sfoggia ancora la sua ironia.
Dalle telecomunicazioni allo sport, passando per le Regionali e le riforme istituzionali e della giustizia, i temi trattati sono stati molteplici. A tenere banco, però, sono stati i temi di attualità più o meno stringente. Tra le parole chiave della conferenza stampa c’è indubbiamente il Covid che potrebbe riemergere dopo l’impennata di casi in Cina. L’accusa, più o meno velata che spesso viene rivolta alla Meloni e a Fratelli d’Italia è quella di strizzare l’occhio ai novax tant’è vero che al premier viene subito rinfacciato il reintegro dei medici non vaccinati. La Meloni dribbla la polemica spiegando che il reintegro di tali medici sarebbe scattato ugualmente domani, anche in assenza del decreto Rave che lo prevede. “Si figuri su che cosa l'opposizione sta facendo l'ostruzionismo. Se noi non fossimo intervenuti, i medici non vaccinati sarebbero stati reintegrati al 31 dicembre", puntualizza il presidente del Consiglio che sul tema Covid ribadisce che “il modello usato in passato non è stato efficace” e che la sua idea è quella di “lavorare sulla responsabilizzazione dei cittadini piuttosto che sulla coercizione". Insomma, nessun ritorno al ‘modello Conte-Speranza’, ma per il momento si procede con il tampone per chi arriva dalla Cina. Una misura, probabilmente, insufficiente se l’Europa non si mobilita per prevedere il controllo di quei passeggeri che arrivano dalla Cina tramite gli scali intermedi.
L'europeismo della Meloni
E proprio l’Unione Europea è stata più volte chiamata in causa dalla Meloni, nonostante si professi assolutamente contraria alla creazione di una confederazione più strutturata e nonostante si sia dichiarata scettica di fronte all’ipotesi della creazione di un esercito prettamente europeo. Sul Mes, per esempio, la Meloni ha espresso una posizione più laica. Se da un lato ha ribadito la sua netta contrarietà a farne richiesta, dall’altra si è dichiarata disponibile a un confronto “con il direttore del Mes per capire se ci sono i margini per lavorare su qualcosa di diverso, qualcosa che sia utilizzabile dai Paesi membri, senza vincoli che possano mettere in difficoltà il nostro debito pubblico". Anche in questo caso, la linea è chiara: serve un dialogo con l'Europa perché, così com’è attualmente, nessun Paese farebbe di nuovo ricorso al Mes per paura di finire sotto la Troika come la Grecia. Il Mes va, pertanto, riformato per rendere quei fondi “appetibili” per chi ne vuol fare richiesta. A proposito di Bruxelles, la Meloni rivendica il lavoro svolto insieme alla Grecia perché è stato riconosciuto che "la rotta mediterranea è prioritaria, cosa mai accaduta in passato e il prossimo Consiglio europeo avrà come punto centrale la questione dei migranti e la difesa dei confini dell'Unione europea". L’emergenza immigrazione riporta in auge la polemica sul blocco navale e, sul tema, il premier ha spiegato che, nelle sue intenzioni, si tratterebbe “di una missione europea, in accordo con le autorità del Nord Africa, per fermare le partenze”. Nessun atto di guerra, dunque.
La rivendicazione sul Pnrr e sulle tasse
Europa significa anche Pnrr. Dopo le polemiche delle ultime settimane sui ritardi, Meloni annuncia con soddisfazione: “È notizia di ieri il raggiungimento dei 55 obiettivi del Pnrr per il secondo semestre del 2022”. Un risultato ottenuto dopo che il nuovo governo ha concentrato “le competenze del Pnrr sotto la guida di un unico ministero” e ha messo “sotto la stessa competenza i Fondi di coesione europei per evitare sovrapposizioni". Il premier, anche sul Pnrr, mette in evidenza una certa distanza rispetto al precedente governo: “Ora – dice - questi obiettivi devono diventare cantieri e qui ci sono oggettivamente difficoltà, dall'aumento dei costi delle materie al caro energia. E il piano è stato scritto prima del conflitto in Ucraina. Stiamo avendo un'interlocuzione quotidiana con la Commissione Ue, il rischio è che le risorse non arrivino a terra". In sintesi: il Pnrr non è intoccabile.
Per quanto riguarda la manovra, invece, il premier è stato chiaro nel confermare che l'obiettivo era fare una legge di bilancio "politica" e, quindi, "di destra", ma senza sfasciare i conti pubblici. In quest'ambito, però, la promessa di non alzare le tasse viene rispettata."Sulla riforma del catasto - ha spiegato il premier- si può fare una mappatura per migliorare la conoscenza delle costruzioni italiane ma da questo governo non partirà mai un aumento della tassazione sulla casa che considero un bene non pignorabile". Anche sulla decontribuzione totale per chi assume a tempo indeterminato, sono state mantenute le promesse elettorali, fondato sullo slogan "più assumi, meno paghi". "Creare le condizioni per migliorare la qualità del lavoro in Italia è - ha detto la Meloni - una materia che riguarda il tema della crescita economica. Questo si fa quando l'economia è libera di operare e quando ci si trova di fronte un governo che fa del suo meglio per favorire chi crea ricchezza e lavoro".
Il confronto con Mario Draghi
Nel corso delle tre ore c’è stato lo spazio anche per una domanda sul predecessore del premier:“Sento il peso di Mario Draghi? Sì e mi fa piacere misurarmi con persone capaci e autorevoli, è stata la sfida di tutta la mia vita, a me non è mai piaciuto vincere facile, a me piacciono le cose che mi stimolano”, ha detto la Meloni rispondendo al quesito posto da Massimiliano Scafi del Giornale. E ha aggiunto: "Mi pare che rispetto alle dieci piaghe d'Egitto che sarebbero dovute arrivare nel cambio tra il vecchio e il nuovo governo, in fin dei conti stiamo ancora difendendo questa nazione nel migliore dei modi”.
La posizione sulla guerra
Sulla linea di politica estera da tenere nei confronti dell’Ucraina, invece, vi è assoluta continuità col governo Draghi. "Spero che prima o poi il governo russo si renda conto dell'errore che sta facendo e decida di fermare questa incomprensibile e inaccettabile guerra di aggressione. Fino a quando non accadrà difenderemo l'Ucraina e la libertà di una nazione che sta dimostrando quanto creda nella sua libertà e nell'amore della propria patria", ha detto la Meloni dopo aver annunciato la sua intenzione di andare a Kiev prima del 24 febbraio, ossia prima dell’anniversario dell’inizio del conflitto.
Le frecciatine della Meloni alla sinistra
Un’altra parola chiave è Qatargate, una vicenda su cui, secondo la Meloni, si deve “andar fino in fondo senza fare sconti”. E ha aggiunto:“Ciò che mi innervosisce è che alcuni colleghi internazionali definiscono la questione con la locuzione 'italian job', la vicenda non riguarda solo gli italiani... casomai il tema di un partito, forse è un 'socialist job'". Una stoccata in piena regola nei confronti della sinistra su cui il premier cerca di non infierire troppo, ma la tentazione è troppo ghiotta per ribadire la sua visione sulla questione femminile: “Nella competizione vera nessuno ti regala niente. Se vuoi essere un leader ci devi diventare lavorando dal basso, non dall'alto. Non ci si può accontentare delle quote”. E, per finire, c'è stata la puntualizzazione sul Msi, un partito che ha traghettato"verso la democrazia milioni di italiani usciti sconfitti dalla guerra".
Il leader di FdI lo descrive come "un partito della destra repubblicana" che"ha partecipato alle elezioni del presidente della Repubblica" e che "è stato pienamente presente nelle dinamiche democratiche", arrivando al governo prima del congresso di Fiuggi che diede vita ad Alleanza nazionale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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