Caro Davide,
una volta che un soggetto è nominato premier, questi continua a godere dei medesimi diritti riconosciuti dalla Costituzione non soltanto a tutti i cittadini ma a tutti gli esseri umani. Dunque, se Giorgia Meloni si è sentita diffamata e denigrata dalle parole pronunciate da Luciano Canfora in un liceo barese durante un dibattito sulla guerra in Ucraina, nell'aprile del 2022, ella ha fatto bene a querelare il professore e non penso che Giorgia avrebbe dovuto, percependosi quale parte lesa, interrogarsi sulla opportunità o meno della sua scelta in vista di una eventuale nomina futura quale presidente del Consiglio. Si pretende da lei una lungimiranza esagerata. Mi pare una pretensione assurda, se non folle.
Dunque, posto che i fatti in questione risalgono a prima della nomina, non comprendo il punto di vista di quanti sottolineano che è inopportuno e grave che un presidente del Consiglio quereli un privato. E chi lo stabilisce? Un premier può legittimamente adire le vie legali nei riguardi di qualsiasi individuo da parte del quale egli reputi di essere stato leso. Ad ogni modo, ripeto, Meloni allora non era ancora a capo dell'esecutivo. Ma, anche se lo fosse stata, il suo ruolo non avrebbe costituito un ostacolo all'esercizio dei suoi diritti, incluso quello di denunciare una persona che non si è limitata ad esprimere la sua opinione, operazione questa assolutamente lecita e che nessuno intende limitare, ma che ha usato parole offensive, calunniose, infamanti verso Meloni.
Ecco, sarebbe necessario fare una distinzione tra la libertà di criticare e la libertà (che non esiste) di oltraggiare. Sono due cose ben diverse.
E questo è il primo punto, sul quale intendevo soffermarmi. C'è poi un altro aspetto, che non è affatto secondario. Giorgia Meloni ha denunciato Canfora. Questo è pacifico. Ma non è stata la leader di Fratelli d'Italia a rinviare a giudizio il docente. È stato un altro organo dello Stato, ossia la magistratura, quella magistratura tanto osannata e venerata dalla sinistra quando fa comodo e presa a sberle e sputacchiata allorché, sempre applicando norme e procedure, ritiene che sussistano quegli elementi di reato tali da chiudere un'indagine con un rinvio a giudizio, quindi con l'apertura di un procedimento per diffamazione, a carico di Canfora.
Ed è sempre la solita vecchia storia: i progressisti sono irrimediabili doppiopesisti.
Compio una precisazione doverosa: io sono un garantista, quindi mi esimo dall'esternare una mia personale opinione sulla colpevolezza o meno del professore in merito alla condotta contestatagli, sarà il giudice a verificare se abbia egli o meno realizzato un delitto, il reato di diffamazione per l'appunto. Tuttavia è un fatto che Canfora sia stato rinviato a giudizio e questo ci fa concludere che la denuncia di Meloni non è campata in aria, non è illegittima, non è immotivata, non è temeraria.
Non mi astengo però dal dire la mia: che sia giuridicamente reo o innocente in relazione al comportamento che ha dato luogo alla denuncia, Canfora ha adoperato espressioni che nulla hanno a che fare con la libertà di parola. Assimilare Meloni ai nazisti, i quali si macchiarono dei crimini più orrendi della storia della civiltà e non sto qui a farne il riassunto o il riepilogo, anche perché li conosciamo tutti, è fortemente pregiudizievole.
Insomma, chi di noi non si sentirebbe quantomeno diffamato se, in occasione di un dibattito pubblico, venisse paragonato ai criminali più brutali che siano mai esistiti, alle Ss, a Hitler?
Un altro piccolo appunto: quando nell'esecutivo c'erano i Cinquestelle, questi denunciavano i giornalisti, ma nessuno si stracciava le vesti scandalizzato, nessuno parlava di attentato alla libertà di informazione o a quella di critica o a quella di parola.
Alcuni giornalisti di Libero furono querelati, però ricordo che non ci fu mai un rinvio a giudizio. E sai perché? Mancavano gli elementi minimi che potessero configurare il reato. E le indagini furono inevitabilmente archiviate.Fidiamoci della Giustizia. E lasciamola lavorare.
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