
Nessuna forzatura dei tempi, ma nemmeno pause inutili, spiega al Giornale il viceministro Francesco Paolo Sisto: il governo auspica di potere completare i quattro passaggi parlamentari della riforma costituzionale della giustizia, a partire dalla separazione delle carriere tra giudici e pm, prima dell'estate o giù di lì. In questa scia, appena il Senato avrà anch'esso dato il via libera, il testo potrà tornare alla Camera per la seconda lettura. Perché i tre mesi di pausa di riflessione previsti per le modifiche della Costituzione saranno già trascorsi, visto che Montecitorio ha dato il suo primo sì il 16 di gennaio.
Dicono che è una forzatura della procedura.
«È l'applicazione dei tempi previsti dalla Costituzione».
Quindi cosa accadrà?
«Sto seguendo metro per metro l'iter parlamentare. In prima commissione, al Senato, le opposizioni hanno presentato milletrecento emendamenti, molti di contenuto visibilmente, quanto legittimamente, ostruzionistico, che andranno affrontati e votati per l'aula: confidiamo di potere avere entro il mese di aprile anche il primo voto del Senato. Senza stressare la Carta, è possibile che in estate si possano esaurire tranquillamente i quattro passaggi parlamentari. Subito dopo, con i tempi tecnici necessari, vivremo un meraviglioso referendum, una vera festa della democrazia diretta».
Meraviglioso? Il referendum rischia di spaccare il paese.
«É quasi impossibile che una legge piaccia a tutti. Il referendum, però, seda ogni conflittualità: se il popolo italiano vorrà una giustizia migliore, un luogo in cui il giudice sia davvero al di sopra delle parti, diverso da chi accusa come da chi difende, avrà l'occasione di trasformare in realtà il sogno di tanti: Matteotti, Calamandrei, Falcone, Vassalli, Terracini. Se la prossima Germania-Italia fosse arbitrata da un tedesco, che ne penseremmo?».
È così sicuro dell'esito del referendum?
«Per dirla con Bertrand Russell, l'intelligenza è parente del dubbio, sempre. Diciamo che sono ottimista, fiducioso in una scelta matura degli italiani verso il giusto processo».
E poi cosa accadrà? L'Associazione nazionale magistrati dice che il prossimo passo sarà mettere i pm sotto controllo del governo.
«È il papunn che le mamme baresi usano per spaventare i bambini: un fantasma inesistente. Devono ancora spiegarmi in che angolo della riforma è nascosto questo passaggio. Per chi legge, c'è scritto esattamente il contrario. Autonomia e indipendenza di tutti i magistrati sono per noi un valore non negoziabile».
Dall'incontro con il governo l'Anm è uscita a mani vuote. Qualche modifica non sarebbe stata utile a riallacciare il dialogo con la parte moderata delle toghe?
«L'Anm, come qualsiasi sindacato, non esprime il pensiero della totalità dei magistrati. E comunque, non è un atteggiamento maturo pretendere a tutti i costi la modifica di un provvedimento peraltro già approvato da un ramo del Parlamento, nel pieno rispetto delle procedure previste dai padri costituenti».
L'Anm deve rassegnarsi, dunque.
«Qui non c'è nessuno che deve rassegnarsi, Non c'è chi vince o perde, c'è una riforma parlamentare e popolare, attesa da anni, inclusa nel programma con cui Forza Italia e il centrodestra si sono presentati alle scorse elezioni. Siamo stati votati anche per questo, e dobbiamo rispettare l'impegno assunto. Non è una riforma contro la magistratura né in spregio alla Costituzione: si tratta, anzi, proprio della piena attuazione dei principi costituzionali».
Quindi per la riforma vede la strada spianata?
«Questa riforma può essere osteggiata solo da chi ha la istintiva paura del cambiamento in quanto tale.
Se pure ci fosse chi la ostacoli per mantenere abitudini e privilegi, il dato non deve toccare il percorso del legislatore: che, oggi più che mai, agisce in scienza e coscienza, con coraggio e, fatemelo dire, con qualche competenza in più».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.