Il grande depistaggio

Romano Prodi ha detto che da ora in poi comincerà la stagione delle grandi riforme. Questo è quello che ha detto. La verità è tutt’altra, come del resto ormai capita sempre più spesso. La verità è semplice: lunedì sono riusciti, arrabattandosi a destra e a manca, a chiudere la partita del Tfr; martedì il Professore si è affrettato poi a dire che ora partiranno le riforme solo per cercare di far dimenticare il pasticcio del giorno prima. Altro che riforme, qui si tratta di depistaggio.
È molto più importante, per capire questo governo, riguardare un attimo a ciò che è successo per il Tfr, che non lasciarsi letteralmente abbindolare con questa storia delle grandi riforme, che non ci saranno. Al contrario, ci saranno sì delle riforme, ma tutte saranno fatte col metodo Tfr, che potrebbe anche voler dire ti frego regolarmente.
I sorrisi compiaciuti di Epifani, Montezemolo e Prodi alla firma dell’accordo sul Tfr sono, purtroppo, un quadretto al quale non vorremmo abituarci. Non per i singoli volti dei firmatari, per carità, ma per quello che significa. Vediamone alcuni tratti. Primo, il passaggio del Tfr alle casse dell’Inps comporterà una spesa per lo Stato perché, come ha affermato il governatore Mario Draghi in un’audizione alla Camera, lo Stato stesso dovrà assicurare un rendimento fisso. Dunque, non c’è risparmio sulla spesa, anzi. Secondo, non si sono neanche sognati di occuparsi di tutti quei lavoratori che si vedranno scippare il Tfr dall’Inps e che non si sentono rappresentati, legittimamente, né da Prodi, né da Montezemolo, né, tanto meno, da Guglielmo Epifani. Dietro a questa questione del Tfr infatti c’è anche una questione di rappresentanza grossa come una casa, come c’è sempre in tutte le azioni che questo governo fa, cercando solo l’accordo di una minima parte della forza lavoro: quella che gli serve a campare. Terzo, con questa azione, di fatto, si blocca la possibilità della nascita di forti fondi pensione di cui c’è bisogno come dell’acqua nel deserto. E lo spazio legittimo del privato ancora una volta è stato tarpato.
Riepilogando: nessun risparmio per lo Stato, anzi aggravio; nessuna rappresentanza per la stragrande maggioranza dei lavoratori (ad esempio i commercianti); un’azione che non va nella direzione dell’apertura ai mercati. Capite bene che questo pastrocchio andava in qualche modo coperto, e anche in fretta. Probabilmente Epifani non aveva questo problema, perché, anzi, va fiero di dettare ciò che il governo poi fa. Ma Prodi e Montezemolo qualche problemino lo avevano, soprattutto il secondo: vedi le reazioni degli industriali lombardi e milanesi. Quindi cambiare velocemente argomento per distogliere l’attenzione dal mal fatto.
Vediamo ora in cosa consisterebbero queste grandi riforme. Le pensioni. Che novità, ma soprattutto che mirabile coerenza. Dopo aver fatto il diavolo a quattro per non farla fare agli altri, ora la annunciano come la grande riforma del futuro. Peccato che il Professore non si ricordi di avere varie palle al piede proprio su questo argomento, tra le quali spiccano Rifondazione comunista, che ha già avvisato che non se ne parla neanche, e il sindacato, che a luglio ha accettato di mettere nel Dpef la riforma delle pensioni a patto di mettere la data del 31 marzo 2007 come scadenza entro la quale mettersi d’accordo.

Altro che via alle riforme!
Non dimentichiamoci poi che una grande riforma l’hanno fatta già: è quella che porta la firma di un altro professore, Vincenzo Visco, che questa volta invece di trasferire i soldi all’Inps li ha trasferiti direttamente allo Stato con una stangata fiscale che somiglia a quei mostri che emergono dalle brume: più si materializzano e più appaiono terrificanti. Queste sono le riforme. Quelle già fatte. Non quelle importanti che andrebbero fatte e che Prodi non farà perché non le può fare.

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