La grande fuga da Atm: salari troppo bassi e allarme sicurezza

L'azienda punta ad assumere 650 profili. Ma registra dimissioni e calo di candidature

La grande fuga da Atm: salari troppo bassi  e allarme sicurezza

Atm a caccia di personale: sono 650 le assunzioni target per il 2023. In particolare l’azienda sta cercando 150 manutentori, 40 ingegneri, 100 persone per l’assistenza clienti, informatici e altre figure professionali. Ma non si trovano, a questo si aggiungono le uscite: 250 licenziamenti all’anno su un’azienda di 11mila dipendenti e il 30 per cento in meno di autocandidature. I motivi: avvicinamento al paese di residenza e salari troppo bassi. Emerge con prepo- tenza nella commissione consiliare congiunta Partecipate, Mobilità e politiche per il lavoro il tema della retribuzione non adeguata al costo della vita a Milano, insieme all’allarme sicurezza sui mezzi. Motivi per cui i sindacati hanno indetto un nuovo sciopero per il 19 aprile in pieno Salone del Mobile.

Il problema secondo Maria Emanuela Salati, direttore della Formazione e Selezione Atm è il «mismatch» tra la domanda e l'offerta: «Da un lato i conducenti devono avere la patente D ed E, e l'abilitazione per il trasporto persone che costano complessivamente 3mila euro, spesa che non tutti si possono permettere, soprattutto i giovani al primo impiego. Dall'altra c'è anche un tema di immagine per cui i giovani diplomati all'Itis e all'Its, da cui usciranno i futuri manutentori, non conoscono il tipo di lavoro richiesto e i profili aperti. Ma si tratta anche di impieghi che non sono più considerati appealing dai ragazzi. Così vale per i conducenti: un lavoro che non è più considerato prestigioso».

Non solo, il 60 per cento dei dipendenti Atm proviene dal Sud Italia: «Con la pandemia molti sono tornati a casa e hanno trovato lavoro nelle aziende locali» spiega Salati.

Per andare incontro a questi problemi Atm ha creato un'academy interna che fornisce le competenze tecniche necessarie e un fondo di 1500 euro per sostenere la metà del costo di patente e abilitazione a dipendente, così ha trovato alloggi a canoni calmierati per offrire una prima sistemazione ai neo assunti. A disposizione dei dipendenti un solido sistema di Welfare che va dall'asilo nido interno agli aiuti allo studio.

Ma non basta. «C'è un problema politico» per Giovanni Abimelech, segretario generale della Fit Cisl Lombardia «il vero motivo per cui non si trovano risorse sono i salari: le altre aziende hanno stipendi nettamente superiori, tanto che si rivolgono lì i dipendenti Atm che si licenziano. In 20 anni l'adeguamento salariale non è stato al passo con l'aumento del costo della vita: si parla di 21,52 euro l'anno». Per Sergio Dimmatteo della Faisa Cisal, il problema è che «Milano non è più una città per operai e tutti gli interventi di Atm sul welfare rappresentano solo il contorno al vero problema della necessità di un adeguamento salariale». Roberto Errante segretario regionale Uil Trasporti ricorda che «c'è anche un'emergenza sicurezza: continuano le aggressioni al personale di front line che spesso finisce in ospedale. Si rischia troppo per un lavoro faticoso, su turni che cambiano ogni settimana. Non solo, la patente implica responsabilità civile e penale che per i lavoratori non vale più la pena di sostenere. A fronte di salari che costringono a scegliere se mangiare o pagare l'affitto».

«Il tema dei salari insufficienti è entrato ufficialmente nel dibattito di Palazzo Marino - attacca Marco Bestetti, presidente della commissione Partecipate - ora si affronti il tema dell'evasione tariffaria che vale 30 milioni di euro l'anno».

Carlo Monguzzi, presidente della commissione Mobilità: «Il Comune deve lavorare per ridurre il costo della vita, a partire dalla casa. Bisogna proteggere le fasce medie e deboli garantendo loro di poter vivere a Milano».

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