Rolly Marchi
E così anche lei, come si dice parafrasando, è uscita di pista. Per sempre. Lei è Maria Grazia Marchelli, campionessa negli anni Cinquanta e divenuta tale «un po per caso» perché spinta verso i monti dal primo bombardamento su Genova, la sua città, nel tempo dellultima guerra mondiale. I genitori, facoltosi, per evitare ulteriori pericoli, decisero di spostare la residenza a Cortina dAmpezzo e così lei e la sua sorellina Carla si trovarono proiettate dal destino nel regno della neve e dello sci. Maria Grazia aveva 8 anni, perché era nata il primo giugno del 1932 e la sorellina Carla tre in meno. Vidi Maria Grazia per la prima volta in una gara vera nel 1948, in occasione della «Direttissima» della Marmolada. Bastò il suo coraggio per diffondere stupore in tutto il mondo dellagonismo bianco. Si rivelò campionessa a neanche 18 anni, nel gennaio 1950, vincendo alla grande la discesa nel Concorso di Grindelwald, in Svizzera, il più famoso raduno agonistico per molti anni prima della nascita della coppa del mondo. Nello stesso anno conquistò anche il titolo di campionessa dItalia. Questo titolo lo rivinse anche un anno dopo e a Grindewald fu ancora la più veloce, davanti alla campionessa del mondo Dagmar Rom, nel 1953. La sua carriera continuò a fasi alterne mentre studiava, e bene, anche alluniversità e si concluse praticamente nel 1960 con il secondo posto nel gigante della Marmolada.
In quellinverno, però, ci fu un altro momento prezioso, o se si preferisce singolare, per la nostra ferrea amicizia. A Cortina si disputarono i campionati del mondo dei giornalisti sciatori, i secondi della storia. La discesa fra le donne la guadagnò lei e fra i maschi, mi si scusi lobbligata affermazione, toccò a me: se abbasso per un attimo le palpebre, rivedo e rivivo quellunico momento di noi due affiancati sul più alto gradino del podio.
Uscita dalla scena agonistica, Maria Grazia volle essere giornalista. Trasferitasi a Milano, ci riuscì alla grande, prima facendo ottima esperienza in alcuni quotidiani e poi fondando una sua rivista, bella e preziosa, che ancora oggi esiste e si chiama Sci che lasciò dopo molti anni quando scomparve per sempre il suo compagno di vita, il molto valido e bizzarro fotografo Marian Skubin. Allora, dopo un periodo di comprensibile incertezza, volle chiudere il suo felice rapporto con la neve dedicandosi alle luci e alle stelle dei deserti africani. Volle conoscerli, viverli e lo fece organizzando viaggi turistici soprattutto in Libia ma anche nelle altre variegate terre affiancate fra il Canale di Suez e il Mar Rosso, donando gioie ai compagni di viaggio e diffondendo interessanti testi e relative immagini.
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