(...) rovistando negli archivi della Fondazione - racconta il curatore della mostra Giuseppe Ricci- scoprendo materiale complementare al Libro dei sogni, ma anche autonomo». Alle pareti i flash notturni annotati minuziosamente, «fu un disegnatore straordinario, e nel sogno trovò davvero lo spazio libero dell'espressività». L'andare e venire da e verso il cinema, Fellini che sogna, crea e risogna il film. La tinozza di 8 ½, le candele, le donne opulente. Poi «La strada», che «torna a sognare almeno otto volte. Come gli aerei che portano i Cristi nella Dolce vita o il manifesto abitato da Anita Ekberg ne Le tentazioni del dottor Antonio, in Boccaccio '70, in cui invita sensuale Bevete più latte». Sono il fantasmi dell'inconscio in libera uscita e a servizio permanente del suo mondo immaginativo. Coordinate spazio-temporali destrutturate, il passo doppio sogno-realtà che vibra visionario, e il Fellini che fa i conti con il sommerso che lo acchiappa ad occhi chiusi e lo stana nelle sedute con lo psicanalista junghiano Ernst Bernhard. Fu lui a suggerirgli di appuntarsi al risveglio i sogni. Ecco il diario trentennale, «Il libro dei sogni», con ficcati dentro altri disegni, quelli esposti oggi al Castello. «Torna spesso la sua difficoltà a prendersi delle responsabilità» ricostruisce Ricci. Zoom sul sogno Novembre 70: a Rimini di notte che parla con Comencini e vede Giulietta allontanarsi, mentre l'altra moglie, che è ancora Giulietta, ha qualcosa di Gelsomina de «La strada». Tratti colorati e in ombra, cè lo smisurato affetto per Giulietta Masina, disegnata moltissimo, e i suoi sensi di colpa. E soprattutto cè «La strada», il film più citato nel libro, «la svolta della sua carriera - ricorda Ricci - nasce da un'intuizione che ebbe in contemporanea con il sceneggiatore Tullio Pinelli: pensano la stessa storia e la integrano». Dopo, la prima crisi depressiva. Nel sogno del '65 gli tagliano l'occhio destro e lui utilizza il sinistro, quello della fantasia. Ed ecco che arriva «Giulietta degli spiriti», il colore ad accentuare la ricerca simbolica e antinaturalistica di un Fellini che non pone più alcun freno ai suoi istinti immaginativi. Nel sogno in treno con Dino Buzzati si accorge che hanno rubato la sceneggiatura de «Il viaggio di Mastorna», il film maledetto, quello mai fatto, «temeva portasse sfortuna, e non a caso fu uno degli ultimi schizzi che rifece prima di morire». Sognerà la nave de guerra che allestirà ne «La nave va» e riprodurrà disegnata nel film. Ma al centro dell'esposizione il sogno del cinese, 1960, nove tavole appuntate. Era a capo dell'aeroporto e doveva decidere se fare entrare un orientale sporco e lacero, ma dall'aria nobile. Si chiede perché dover per forza decidere, mentre la figura della madre-baldracca insiste nel cacciarlo. Dettaglio: in una versione scrisse che l'incarico gli valse per l'aver chiuso con il dito un buco nella fusoliera salvando l'aereo. «Lo trascrisse e ripropose più volte - ricorda Ricci - Nel 72 comparve su Playboy e nel 91 su Il Grifo. Tutti diversi, Fellini era un bel bugiardo e non si faceva scrupolo di cambiare la versione».
Poi il diario di Anna, dedicato ai sogni di una cara amica, che a Fellini non bastavano i suoi per alimentare quella dimensione dilata e abnorme in cui si libra la surreale Gelsomina, e viaggia Titta, vagheggiando le enormi tette di Gradisca. Restano i disegni preparatori del papà di Titta in «Amarcord», la prosperosa Donatella de «La città delle Donne», o l'uccello amoroso del «Casanova», «di cui conserviamo ancora la copia meccanica».
Da martedì a giovedì 10-19; venerdì e sabato 10-22, domenica 10-19. Biglietto intero 6 euro, ridotto 4.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.