Le griffe abbandonano Malpensa Restano a casa altre cento persone

Effetto della crisi. Valentino e Diesel chiudono, Trussardi trasloca. A rischio anche Hermès I sindacati: «Per le commesse non sono previsti ammortizzatori sociali»

Le griffe abbandonano Malpensa Restano a casa altre cento persone

Le grandi firme della moda lasciano Malpensa. Diesel chiude i battenti, Valentino e Johnny Lambs pure, Trussardi cambia sede e girano voci poco rassicuranti sul futuro di Hermès e di Gucci. Abbassano la saracinesca anche un negozio di ottica, di camicie e di cravatte. Risultato: sono circa un centinaio i dipendenti che perdono il posto di lavoro. Senza ammortizzatori sociali, senza uno straccio di cassa integrazione. Così, di colpo, senza stipendio da un giorno all’altro. A lanciare l’allarme sono i sindacati che chiedono a Sea, la società che gestisce lo scalo, l’apertura di un tavolo per discutere della situazione dell’indotto che ruota attorno all’aeroporto. Dopo il drastico taglio di voli di Alitalia, Malpensa ha cambiato volto. C’è meno traffico di passeggeri e, di questi tempi, la gente sta ben attenta prima di comprarsi abiti di marca. Dal canto loro, le griffe si trovano a pagare affitti alti ma a non avere gli stessi incassi di un anno fa. Tempi d’oro quelli di Malpensa 2000, quelli in cui sembrava che via Montenapoleone si fosse trasferita nell’area Schengen dell’aeroporto.
Sea parla di normale turn-over e snocciola i nomi di chi invece sta per aprire un negozio in aeroporto: Armani e Zegna in testa. «Ho capito - controbatte Lucia Anile della Filcams Cgil - ma intanto più di cento persone sono rimaste senza lavoro e sono state perse delle professionalità di commesse specializzate». Oltre ai 390 prepensionamenti dei dipendenti Sea annunciati per settembre, perde il posto di lavoro un popolo di commesse che parlano tre lingue, madri di famiglia con contratti a tempo determinato. «Bisogna capire - sostiene la Anile - cosa si vuol fare davvero dell’aeroporto. Per ora stiamo assistendo a un tracollo e vediamo negozi che in certi giorni non battono nemmeno uno scontrino».
I gestori dei punti vendita sperano in affitti e royalties più bassi: «Così non si va da nessuna parte». Stessa solfa per gli alberghi: in tanti, nella zona dell’aeroporto, sono stati costretti a ridurre il personale.
Eppure, a un anno dall’abbandono di Alitalia, qualche segnale positivo c’è. Se da un lato gli albergatori tirano la cinghia, dall’altro c’è chi investe: proprio di fronte allo scalo sta per essere costruito l’impero Sheraton, pronto per il 2010: 440 camere e 11 suite. Sea attribuisce l’abbandono di certi grandi firme dallo scalo alla crisi in generale e non a quella dell’aeroporto. Anzi, facendo due conti, la società rileva che i ricavi sono in lieve aumento.
Il primo a credere nella ripresa è il presidente di Sea Giuseppe Bonomi: il traffico dei passeggeri è aumentato di quasi l’8 per cento ad aprile e nel giro di tre anni o poco più si tornerà ai volumi di affari del 2007.

Gli investimenti su Linate e Malpensa dovrebbero essere di 1,4 miliardi da quest’anno fino al 2016. Bonomi, durante la sua audizione alla Camera, chiede un adeguamento delle tariffe «almeno ai livelli della media europea».

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