Un Grimm al posto di due fa le favole più divertenti

Quelle di Jacob e Wilhelm le conoscono tutti. Ferdinand era la pecora "rosa" della famiglia

Un Grimm al posto di due fa le favole più divertenti

Nel dicembre 2012 si tenne a Kassel, in Germania, un congresso sui fratelli Jacob e Wilhelm Grimm. Erano passati due secoli dalla prima edizione delle loro Kinder- und Hausmärchen, letteralmente Fiabe per bambini e famiglie, titolo che in Italia, negli ultimi due decenni del XIX secolo, a spizzichi e bocconi venne ulteriormente edulcorato in Le fiabe del focolare. A Kassel decine di studiosi fra archivisti, storici, esperti di folklore, lessicografi, critici letterari e anche psicanalisti discussero sull'eredità dell'opera dei due linguisti e filologi, autori (ma è meglio definirli raccoglitori, elaboratori, estensori e divulgatori) di alcune storie celebri in tutto il mondo, basti pensare a Hänsel e Gretel, Cenerentola, Il principe ranocchio, I musicanti di Brema, Raperonzolo, Cappuccetto Rosso, Biancaneve e i sette nani.

Ora, tutti gli adulti sanno che le fiabe dei Grimm, come moltissime fiabe fiorite in ogni angolo della Terra, contengono una robusta dose di violenza, dal mobbing che Cenerentola subisce dalla sua matrigna a quella sorta di morbosa autopsia sul corpo del lupo squartato in Cappuccetto Rosso, per fare soltanto due esempi. Il problema è che Jacob e Wilhelm erano tedeschi e che esattamente un secolo dopo la loro ultima edizione di Kinder- und Hausmärchen, Adolf Hitler, il distruttore della Germania, oltre che di tutto quanto le stava intorno, fece irruzione nella Storia, con il Putsch di Monaco. Sicché i tedeschi, ma non soltanto loro, ancora oggi si chiedono: il nazismo era figlio anche dei fratelli Grimm? In Roots of German Nationalism, un saggio del 1978, Louis L. Snyder, autore fra l'altro dell'Enciclopedia del Terzo Reich, propende per il «sì», sostenendo che le fiabe targate Grimm hanno contribuito a instillare nei lettori, sin da piccoli, alcuni ingredienti che il nazionalsocialismo elevò a dogmi: disciplina, obbedienza, autoritarismo, esaltazione della violenza, nazionalismo. Dieci anni prima, nel '68, in Le radici culturali del Terzo Reich, George Mosse va oltre, e vede una linea che unisce il nazismo al romanticismo, essendo entrambi caratterizzati dalla glorificazione dell'epos contadino e popolare. Infine lo scrittore Günther Birkenfeld (1901-66) lega addirittura a doppio filo Le fiabe del focolare all'Olocausto.

Giunti a questo punto, cari genitori, zii e nonni, non pensiate che raccontando le fiabe dei fratelli Grimm ai vostri figlioletti e nipotini per farli addormentare correte il rischio di allevare dei criminali. Non crediate sia meglio sostituire Cenerentola con le Ricerche logiche di Husserl e Cappuccetto Rosso con La montagna incantata di Thomas Mann. Sarebbe troppo presto, e anche questa sarebbe una forma di violenza. Inoltre occorre dire una parola a favore di Jacob (1785-1863) e di Wilhelm (1786-1859), i quali, all'atto pratico, almeno politicamente erano tutt'altro che potenziali dittatori. Lo dimostra il fatto che, fra 1837 e 1841, insieme a cinque docenti dell'Università di Gottinga protestarono vibratamente contro l'abrogazione della costituzione liberale da parte del re di Hannover Ernesto Augusto I, ricavandone la stima del popolo e l'ostilità superciliosa del potere.

Tuttavia, per tornare nell'alveo della tradizione orale a misura di infante, conviene bussare ancora in casa Grimm, non però all'indirizzo di Jacob e Wilhelm, bensì a quello del «terzo Grimm» (che poi sarebbe il quinto, in ordine di nascita - il totale ammonta a nove): Ferdinand Philipp. Lui di indirizzi ne ebbe una caterva, essendo l'esatto opposto di Jacob e Wilhelm, coltissimi topi di biblioteca tutti casa e libri. Ferdinand (1788-1845), che pure con i due fratelloni collaborò a lungo nella ricerca e nella stesura di racconti più o meno edificanti e/o educativi, anche se preferiva attingere alla fonte del popolo minuto, piuttosto che a quella delle damazze borghesi, era un giramondo con le tasche bucate, un gaudente, un animo sensibile, un tipo molto empatico e gaio. E anche gay. Fu il coming out da lui regalato a Jacob e Wilhelm per il Natale 1810 a determinare il suo allontanamento dal tetto parentale. Reciso il cordone ombelicale che lo legava alla famiglia, Ferdinand assemblò tre raccolte di fiabe, la prima firmata «Lothar», la seconda «Philipp von Steinau» (Steinau era il paese avito di Philipp Wilhelm Grimm, il padre dei fratelli Grimm), mentre la terza, postuma, portò il suo vero cognome, ma non il suo vero nome, mutato in Friedrich. Le fiabe di Ferdinand, diversamente da quelle di J&W, non volevano essere una promozione della germanistica, non volevano essere le fondamenta del comune sentire tedesco. Erano un gioco, un sogno. In esse il rosa domina sul nero, l'armonia sulla contrapposizione, la concordia sul conflitto. Un ragazzo s'innamora di un gatto, che in realtà è una principessa; un principe salva una sirena da un pescatore e poi la sposa; un re distrugge un alveare e un'ape lo punisce, insegnandogli a rispettare la natura; un gigante e un nano si contendono una valle, ma una fanciulla li riconcilia...

L'orma editore due anni fa ne pubblicò un'antologia, La montagna dei gatti, e ora propone, con la sua firma corretta e completa, una non-fiaba di Ferdinand, datata 1835: la sua piccola, pungente ma non crudele, vendetta nei confronti di J&W che dal 19 al 24 dicembre 1835 uscì a puntate sulla rivista Mitternachtzeitung für gebildete Stände, ovvero «Giornale di mezzanotte per i ceti colti». In Zia Henriette (pagg. 83, euro 14, a cura di Marco Federici Solari) aleggia la figura di Henriette Dorothea Wild, dapprima amica d'infanzia di J&W, poi loro collaboratrice nella pesca a strascico sulle leggende germaniche, infine, dal 1825, moglie di Wilhelm. Il Narratore di Zia Henriette si dice suo nipote e ce la presenta nelle vesti di una casalinga iperattiva e casinista alle prese con il marito Wilibald (ovvero Wilhelm) e il cognato Johannes (ovvero Jacob).

Henriette è una specie di Bridget Jones, simpatica e arruffona, che mette i bastoni fra le ruote dei parodiati J&W in un crescendo culminante in una festa in maschera che, letta oggi, somiglia molto a un gay-pride. Insomma, Henriette non è soltanto la zia del Narratore e la cognata di Ferdinand, è anche Ferdinand. Ma questa è un'altra storia, anzi, un'altra favola.

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