Guai del Pd: sospetti di Mussi sulle tangenti "Soldi usati per comprare i congressi Ds"

L'ex ministro lancia accuse sulle assise 2001, quando Piero Fassino divenne segretario: "Se emergono legami la class action la faccio io. E molti dovrebbero andare a casa". Anche Cesare Salvi attacca: "Un partito non appoggi scalate e una Provincia non compri austostrade". Penati, la mazzetta su Serravalle e le consulenze fittizie

Guai del Pd: sospetti di Mussi sulle tangenti 
"Soldi usati per comprare i congressi Ds"

Roma - «Se viene fuori che nel con­gresso del 2-001 sono girati dei sol­di per condizionarne l’esito, giuro che la class action la faccio io a lo­ro». L’ affaire Penati si complica, e lacera gli ex Ds: a parlare e solleva­re dubbi pesantissimi è Fabio Mussi, che fu dirigente di prima li­nea nella nuova leva occhettiana a Botteghe Oscure prima di passa­re all’opposizione interna ai tem­pi del «Correntone» cofferatiano.

In una esplosiva intervista con Giorgio Meletti de Il Fatto, l’ex ca­pogruppo alla Camera ed ex mini­stro Ds, che all’epoca del caso Uni­pol- Bnl fu protagonista di un acce­so scontro interno con i tifosi dei «furbetti» e delle scalate, usa toni pesanti sulla «questione morale» che colpisce la sinistra. Pesanti e drammatici: «Prego il Signore che non ci sia una connessione tra l’ac­quisto delle azioni della Milano-Serravalle fatta da Penati del 2005 e la scalata alla Bnl lanciata negli stessi mesi da Unipol». Perché al­trimenti «sarebbe una bomba ato­mica, e un sacco di gente dovreb­be andare a casa ». Poi Mussi butta lì anche quel macigno sulle assise di Pesaro, ricordando anche che l’ascesa interna di Filippo Penati inizia proprio nella torrida stagio­ne congressuale del 2001, quando il «centro» dalemian-fassiniano si scontra con la sinistra di Cofferati e lui, da sindaco di Sesto, diventa segretario della federazione di Mi­lano.

Probabilmente, e lo dicono an­che gli ex colleghi di Correntone, quella sul congresso «condiziona­to » è solo una delle «classiche bat­tutacce alla Mussi», anche per­ché, come ricorda un cofferatiano di prima fila, l’esito di quelle assi­se, con la vittoria di Piero Fassino, era scontato «fin da quando Ser­gio rinunciò a candidarsi a segre­tario »,e lasciò il posto all’innocuo Giovanni Berlinguer. «È un’accusa molto grave, e io non ho alcun elemento per dire che ci sia stato un ’condiziona­mento’ di quel genere», osserva Cesare Salvi, che del Correntone fu dirigente e che sulla corruzione della politica ha scritto anche un li­bro. «La questione vera, e gravissi­ma, è un’altra: una Provincia non deve comprarsi autostrade, e un partito non deve appoggiare scala­te bancarie. Lo dissi anche allora, dentro il mio partito, avvertendo che così si favoriva la degenerazio­ne della politica».

Lo scontro nei Ds, in quel lonta­no 2005 dell’acquisto della Serra­valle (e della operazione Unipol), fu durissimo. Anche a Milano, ri­corda il deputato Pd Emanuele Fiano, all’epoca capogruppo Ds in Comune: «Ci furono riunioni tempestose sull’ affaire Serraval­le, io ad esempio ero contrarissi­mo a quell’operazione e ai suoi co­sti. Ma Penati ci spiegò che così la Provincia si sarebbe liberata delle intromissioni del sindaco Alberti­ni sulla gestione dell’autostrada, e che questo aveva un prezzo che valeva la pena di pagare».

E oggi molti ricordano che fu in quello stesso anno che venne tentata un’altra scalata, tutta politica: quella di Pierluigi Bersani alla se­greteria del partito.

La conferenza programmatica di Firenze, nel di­cembre, fu il teatro del forte pres­sing dell’ala dalemiana (Penati compreso) per sfilare la leader­ship a Fassino e consegnarla al­l’emiliano Bersani. Ma Fassino tenne duro, rifiutando le sirene con cui lo allettavano (un posto di primo piano nel futuro governo Prodi) e rimase al suo posto. E al governo andò Bersani.

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