"Guardare dentro i buchi neri svela i segreti dell'universo"

Il fisico quantistico spiega perché in questi giganti oscuri può essere nascosto un grande mistero. E come la gravità cambia lo spazio-tempo

"Guardare dentro i buchi neri svela i segreti dell'universo"

Carlo Rovelli è diventato nel corso degli anni uno dei più bravi divulgatori di fisica teorica non solo nel panorama italiano ma mondiale. La sua capacità di divulgazione, e non è né scontato né comune, si appoggia anche ad una costante ed ininterrotta attività di ricerca. Dopo essersi laureato in fisica presso l'Università di Bologna, ha svolto il dottorato all'Università di Padova. Ha lavorato anche nelle Università di Roma e di Pittsburgh, e attualmente è ordinario di fisica teorica all'Università di Aix-Marseille dove è responsabile dell'Équipe de gravité quantique del Centre de physique théorique. Oltre ad essere membro dell'Académie internationale de philosophie des sciences. Il suo ultimo saggio, densissimo di concetti ma molto breve, è stato da poco pubblicato per i tipi di Adelphi e si intitola Buchi Bianchi.

Moltissime persone travolte dalle scoperte della fisica teorica degli ultimi cinquant'anni, ormai confermate da telescopi sempre più potenti, stanno ancora facendo i conti con il concetto non semplicissimo di buco nero. Ovvero un gigante gravitazionale che imprigiona persino la luce e curva lo spazio e il tempo. Ora i fisici stanno lavorando ai modelli teorici di cosa accade ad un buco nero mentre evapora (non sono eterni) e sorpresa ecco spuntare un «buco bianco», che invece di ingoiare massa ed energia dovrebbe emetterla. Al momento questi oggetti, molto meno appariscenti dei loro presunti «genitori» nessuno li ha ancora individuati. Però potrebbe essere questione di tempo. E la loro presenza potrebbe anche spiegare uno dei più grandi misteri dell'astronomia: la così detta materia oscura. Ma andiamo con calma. Essendo l'argomento molto complesso ce lo siamo fatto spiegare da Rovelli assieme ad alcuni dei misteri più affascinanti dell'universo che ormai sappiamo essere anche una sorta di macchina del tempo.

Professor Rovelli, innanzitutto ci spieghi cos'è un buco bianco... Tenendo conto che molti di noi non hanno capito ancora bene cosa siano i buchi neri.

«Allora un buco bianco è due cose. Innanzitutto un oggetto fisico previsto dalla teoria di Einstein, quindi da una teoria scritta un secolo fa... Però sino a qualche tempo fa si riteneva fosse impossibile se ne producesse uno nell'universo. Non c'era un modo conosciuto di produrlo. Era considerato una predizione spuria non da prendere sul serio. Negli ultimi anni è stata però formulata un'ipotesi. Ripeto al momento è un'ipotesi e questa ipotesi è che alla fine della loro vita i buchi neri si trasformino in buchi bianchi. Siamo certi che i buchi neri abbiano una vita finita e alla fine potrebbero trasformarsi in questi oggetti che sono l'esatto opposto di un buco nero per certi versi».

È vero che ci abbiamo messo moltissimo a localizzare i buchi neri ma ormai ne abbiamo trovati tantissimi. Perché sino ad ora non è mai stato trovato un buco bianco?

«Come ha detto lei anche i buchi neri erano una mera teoria. Ora sappiamo che ce n'è uno enorme nel mezzo della nostra galassia e che la tiene assieme. La differenza però tra i due tipi di oggetti è doppia. Primo, noi sappiamo cosa può formare un buco nero, sino a poco tempo fa non avevamo idea di cosa potesse formare un buco bianco».

Come nasce un buco nero?

«Per un buco nero è semplice: quando tanta materia si schiaccia sotto il peso della gravità si forma un buco nero. Le stelle bruciano e il calore, l'energia le mantiene aperte. Quando smettono di bruciare se sono molto pesanti si schiacciano e diventano un buco nero. L'ipotesi nuova è che il processo di formazione sia un processo quantistico alla fine del percorso di un buco nero. Ed essendo un processo quantistico in questo senso esula dalle equazioni di Einstein. La seconda differenza è che i buchi neri sono grossi, grossi come grandi stelle collassate e poi crescono quando ci cadono dentro cose. I buchi bianchi sono piccoli perché possono solo emettere cose, sono l'opposto di un buco nero. E per generarli serve un buco nero evaporato. Questa è stata una delle più grandi scoperte di Stephen Hawking. Questo spiega perché noi percepiamo i buchi bianchi solo se ce ne sono tanti e possiamo percepirli collettivamente...».

Quindi quando potremmo in teoria rilevare un buco bianco? Abbiamo detto che emette energia o materia, dovrebbe essere facile e invece...

«Potremmo veder uscire l'energia. Ho scritto di recente proprio un articolo per capire come se ne può rilevare la radiazione. Essendo piccoli dobbiamo immaginare una radiazione molto debole. Ma sicuramente i buchi bianchi dovrebbero avere una loro gravità. Se ce ne fossero molti l'effetto gravitazionale si vedrebbe. Ecco, le dico una cosa che accenno nel finale del libro che è molto speculativa ma affascinante. Nell'universo noi rileviamo più gravitazione di quanta ce ne dovrebbe essere. La spieghiamo con la teoria della materia oscura. C'è una materia che non emette radiazioni quindi non la vediamo in nessun modo se non per la sua gravità. Sono state formulate tante teorie per spiegare la sua origine ma nessuna davvero convincente. Potrebbe essere l'effetto gravitazionale di nuvole di buchi bianchi generatisi nel corso della storia dell'universo. Se ne avessimo la prova sarebbe un'enorme svolta. Ma come ogni teoria può essere sbagliata».

In un buco bianco il tempo si muove alla rovescia rispetto a come siamo abituati a pensarlo? Ce lo spiega?

«Sì, in realtà non è così complicato: ci sono processi in natura completamente invertibili, reversibili. Un buco bianco è un buco nero rovesciato nel tempo. Prima tutto cadeva all'interno, dopo il salto quantico tutto va all'inverso, dal buco si può solo uscire ma non entrare. Un buco nero mandato con il rewind. Ma non è una reversibilità completa dal punto di vista delle dimensioni. I buchi bianchi sono molto piccoli, hanno la massa di un capello. Ma se ce ne sono moltissimi allora sì, possiamo rilevarli».

Questo significherebbe che nel passato dell'universo ci sono stati tantissimi buchi neri.

«È possibile, è quello che dobbiamo capire. Ovviamente è un'ipotesi ma se fosse giusta ci darebbe una spiegazione molto chiara della natura del nostro universo e dell'esistenza della materia oscura. Ovviamente queste sono ipotesi ma non possiamo esserne sicuri».

Però siamo sicuri che la gravità abbia dei grossi effetti sul tempo e questa è una cosa ormai relativamente poco stupefacente per i fisici ma che resta tale per il grande pubblico. Che fa più fatica a capirlo. Ma è un fatto fondamentale per la nostra comprensione dell'universo.

«Questa è una parte sorprendente della fisica ma su cui siamo invece molto sicuri. Gli oggetti che noi vediamo cadere, anche qui sulla Terra, cascano per delle distorsioni nello spazio e nel tempo. Le cose cadono perché il tempo, a causa della massa, passa a velocità diverse in luoghi diversi. È impercettibile ma il tempo passa più lentamente per i suoi piedi che per la sua testa. Perché? Perché sono più vicine alla massa della Terra. Le masse non generano forze ma curvano lo spazio-tempo».

Questo spiega perché vicino ad un buco nero il tempo sembri quasi fermarsi...

«Il tempo vicino ad un buco nero rende le cose viste da lontano praticamente ferme. Al bordo del buco nero, sull'orizzonte degli eventi, vediamo tutto rallentare, se vedessimo un orologio cadere lo vedremmo proprio fermarsi e rallentare. Lì è tutto normale, è solo guardato da lontano che cambia».

È tutto normale ma sotto una pressione gravitazionale enorme però...

«Non sempre questo dipende dalla taglia del buco nero. I buchi neri che abbiamo visto con i telescopi possono essere grossi un milione di volte il Sole. Sono molto grossi. Più del sistema solare. Potremmo stare lì, mangiare un uovo al tegamino. Se volessimo stare fermi dovremmo resistere ad un po' di attrazione ma la superficie del buco non per forza a gravità altissima. Certo, una volta attirati dentro verremo immediatamente schiacciati».

Ma già lì fuori il tempo rallenta...

«Sì, ma è solo un fatto prospettico. È percepibile solo dalla distanza, se fossimo lì non ce ne accorgeremmo. Ecco, per fare un esempio. Se inviassimo dei segnali ogni secondo da un buco nero ad una certa distanza lo riceveremmo come se fosse inviato ogni dieci secondi».

Questo come altri fenomeni, ad esempio il fatto che la luce abbia una velocità finita, ha fatto sì che gli astronomi negli ultimi anni abbiano usato i telescopi più che per scoprire lo spazio in sé come se fossero delle macchine del tempo per guardare nel passato... Ho appena detto una cosa giusta o una stupidata?

«Ha detto una cosa correttissima. Il fatto che la luce viaggi a velocità finita è una cosa che noi siamo abituati a trascurare nella nostra vita quotidiana. Noi non vediamo mai le cose come sono adesso. La luce ci mette sempre un po' a giungere dalle cose a noi. Noi vediamo sempre il passato. Solo che quando la distanza diventa enorme come con le galassie lontane noi guardiamo il passato. Con il telescopio Webb, il più moderno e potente che abbiamo, vediamo alcune galassie come erano miliardi di anni fa. Vediamo immagini dell'universo molto più vicino al Big Bang e molto diverso da come è adesso».

E questo cosa ci insegna?

«Dal punto di vista delle leggi fondamentali della fisica, a partire dalla relatività quello che è successo non è stato tanto scoprire delle cose nuove quanto piuttosto avere delle conferme importantissime di cose che avevamo solamente teorizzato. Ad esempio percepire le onde gravitazionali, vedere che l'universo si espande... Tutte conferme di fenomeni che erano stati predetti. Ma erano delle idee strane e invece erano proprio lì come prodotte. Lo stesso è accaduto col bosone di Higgs. Gli ultimi anni sono stati un successo in questo senso. E nel frattempo è cresciuta la cosmologia. Stiamo contando i buchi neri, li abbiamo visti scontrare, tutto questo ci insegna moltissimo. Ci stiamo guardando attorno molto meglio e molto più lontano. Non ci sono stati passi avanti, invece, nelle equazioni fondamentali, quelle risalgono ad Einstein o al modello standard delle particelle elementari. Quello che mi aspetterei è che nei prossimi anni si riesca a combinare la teoria quantistica e la gravità. Quello sarebbe il passo avanti».

Se scoprissimo che effettivamente la materia oscura deriva dai buchi neri attraverso i buchi bianchi come cambierebbe la nostra conoscenza dell'universo?

«Ci direbbe che lo spazio e il tempo non sono quelli descritti da Einstein. O meglio che anche quella di Einstein è un'approssimazione. Passeremmo a non considerare più lo spazio e il tempo come un continuo ma lo descriveremmo in modo quantistico. Quindi avremmo un modo diverso di pensare tempo e spazio».

Come si aspetta la scoperta di un buco bianco?

«Non lo so, è una linea di ricerca davvero molto recente. Lì siamo proprio al bordo del sapere. Non si può fare un pronostico».

Quali possono essere le ricadute di tutte queste scoperte?

«Non posso immaginarlo in questo momento. E ragionevolmente mi verrebbe da dire sono cose troppo lontane da noi. Ma poi la relatività di Einstein fa funzionare il Gps delle automobili.

E le leggi di Maxwell sul magnetismo? Sembravano completamente inutili e adesso tutta la nostra tecnologia funziona su quello. Quindi lo sapremo solo in futuro cosa ci verrà, dal punto di vista tecnologico, dalla gravità quantistica».

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