Libertà o sicurezza? A cosa conduce estendere i poteri dello Stato per minimizzare il rischio di attentati alle nostre vite? Chi controlla i controllori? Chi dispone di grandi poteri ha l'obbligo morale di servirsene per esportare grandi valori? Produce maggiori benefici un sano individualismo o la mobilitazione della società civile?
Al suo meglio, la cultura pop sa porre domande complesse con leggerezza, senza schifare il divertimento. Leggero ma intelligente è il film Captain America: Civil War, nuovo capitolo della saga targata Marvel, storica casa editrice di fumetti «sbarcata» a Hollywood e acquistata dalla Walt Disney Company nel 2009. I registi sono Anthony e Joe Russo, il cast è composto da stelle come Robert Downey jr, Chris Evans, Scarlett Johansson. Il film sarà nelle sale italiane il 4 maggio.
Senza anticipare nulla della trama, ecco qualche coordinata per capire di cosa stiamo parlando. A Lagos, in Nigeria, i supereroi, utilizzando male i poteri sovrumani di cui sono dotati, provocano un grave incidente dagli effetti simili a quelli di un attacco terroristico. Il governo degli Stati Uniti impone loro di firmare un accordo (svelando quindi la propria identità qualora sia segreta) e di arruolarsi al servizio dell'Onu. Farsi schedare? Lavorare per le Nazioni Unite? I supereroi si dividono in due fazioni: c'è chi non accetta il provvedimento. È guerra civile fra eroi mascherati. Lo scontro coinvolge molti personaggi famosi: Iron Man, Capitan America, Uomo Ragno, Vedova Nera, Occhio di Falco...
A guidare i ribelli c'è Capitan America, conservatore di ferro e soldato irreprensibile fino dai tempi di Roosevelt. A capo dei «governativi» c'è Iron Man, alias Tony Stark, geniale imprenditore e amante del progresso (con tendenze autoritarie dettate da un ego ingombrante). Capitan America teme che, mettendosi al servizio dell'Onu, sia la politica a decidere arbitrariamente chi è il nemico da eliminare. Inoltre pensa che firmare l'accordo sia il primo passo verso una restrizione generale delle libertà individuali. Iron Man desidera invece che i supereroi siano inquadrati dallo Stato e guidati dalla politica perché possano svolgere meglio il proprio dovere senza far correre inutili rischi ai civili. Chi ha ragione e come andrà a finire? Lo vedrete al cinema.
Il film è ispirato alla miniserie a fumetti uscita con enorme successo nel 2006-2007. Era composta da sette puntate (Civil War, appunto) completate da una miriade di albi collegati alla saga principale. Il film però non è una trasposizione. La sceneggiatura ha conservato il titolo, i due personaggi principali e i temi di fondo. Tutto il resto è nuovo di zecca e in continuità con la pellicola Avengers: Age of Ultron (2015). C'è poi una differenza non banale: nel fumetto non c'è traccia dell'Onu. Il film è molto riuscito, punta sull'azione, lascia intravedere le grandi questioni quel tanto che basta e aggiunge sentimenti universali: tradimento, fedeltà, vendetta. La guerra civile è anche una questione personale fra due (ex) amici, Iron Man e Capitan America. Al contrario, il fumetto è radicale nel porre al centro proprio i temi «politici». In uno degli albi appartenenti all'universo di Civil War, Capitan America afferma che la nazione è stata «fondata con la violazione della legge perché la legge era sbagliata». Per questo non firmerà gli accordi: «L'atto di registrazione è un altro passo verso il controllo assoluto dello Stato». Il patriota per eccellenza non si fida dei politici: «Non quando sono disposti a barattare la libertà per la sicurezza». Tra una citazione di Benjamin Franklin e una di Thomas Paine, il Capitano si rivela il campione dell'America dei Padri fondatori, che mette la libertà individuale sopra ogni altra cosa.
Dal canto suo, Iron Man si appella al senso di responsabilità, alla necessità di introdurre regole, alla ricerca del bene comune. I poteri sovrumani devono essere sottoposti a controllo perché paragonabili a bombe atomiche. Tocca alla politica decidere quando schiacciare il bottone. Tony Stark è anche un uomo pratico e offre ai supereroi stipendio, piano pensionistico e assicurazione sanitaria. C'è un problema, la riforma «statalista» diventa sempre più violenta nei confronti dei ribelli. Nel frattempo, Iron Man scala il Dipartimento della Difesa, arrivando ai vertici. La sua parabola mostra come il progressismo scivoli nell'autoritarismo quasi necessariamente. Non c'è pianificazione senza controllo e non c'è controllo senza coercizione. Una volta passato il limite, si rincara la dose. Ogni mezzo diventa lecito per realizzare il Bene supremo: rompere alleanze, sacrificare gli amici, riabilitare i nemici.
Tutto questo, ribadiamo, nel film è appena accennato. Per giugno comunque è attesa la seconda parte del fumetto. Non sarà un sequel. Riprenderà e svilupperà alcuni temi della saga originaria, in particolare quello del libero arbitrio.
Sia nel film, sia nel fumetto vediamo l'America che riflette su se stessa, dopo l'11 settembre, dopo le guerre in Afghanistan e Irak. Riflette sul proprio modello di vita. La scelta fondamentale è tra libertà o sicurezza. Ad esempio, tra tutelare la privacy o conferire alle agenzie governative il potere di accedere a ogni dato nascosto nella memoria di smartphone, tablet, computer. Ecco cosa significa, nel fumetto soprattutto, rivelare il proprio nome, firmando l'atto di registrazione oppure restare nell'anonimato. Ma l'America riflette anche sul proprio ruolo nel mondo, indecisa se cercare il consenso internazionale o «governare» in solitudine, grazie a un'evidente superiorità militare e a una meno evidente superiorità morale. I tempi sono cambiati, quando uscì il fumetto era forse prematuro fare un bilancio dei risultati ottenuti dalla superpotenza in Medio Oriente. Oggi è invece una necessità pressante. La guerra in Siria, l'ascesa dell'Isis, il fallimento delle primavere arabe... Uno spinoso dossier attende il successore di Obama.
Ecco perché il film si apre con una scena in Africa e tira in ballo l'Onu.Resta una curiosità: Capitan Italia, se esistesse, come si comporterebbe? C'è il forte sospetto che sarebbe amico di Tony Stark. La domanda seria è un'altra: noi spettatori (e lettori) da che parte stiamo?
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